Fabrizio Corona (foto LaPresse)

La vera “norma Corona” è che in Italia bisogna odiare

Maurizio Crippa
La riprova che le presunte leggi ad personam non funzionano mai, e portano sfiga. Il tribunale di Milano avrà ovviamente buone ragioni. Ma c’è, in tutta la faccenda, qualcosa che eccede le norme.

    Un primo effetto, l’ultimo calembour di Pigi Bersani l’ha già avuto. La “norma Corona”, traduzione per il popolino della voluntary disclosure che, a detta di Bersani, il governo vorrebbe applicare ai soldi in nero, ha prodotto che Fabrizio Corona resterà in carcere, per i danari che gli hanno trovato nel controsoffitto, in Austria e forse pure su Marte. La riprova che le presunte leggi ad personam non funzionano mai, e portano sfiga. Il tribunale di Milano avrà ovviamente buone ragioni. Ma c’è, in tutta la faccenda, qualcosa che eccede le norme e pure i soldi nel materasso.

     

    C’è un risentimento contro Corona ormai pandemico, se ha contagiato anche un uomo dabbene come Bersani. Lui, che era in affidamento, si è fatto ribeccare, è vero. Ma non è che abbia commesso un omicidio. Eppure, nelle ultime settimane, è stato fatto a pezzi da cronisti e corsivisti e sbertucciato da chiunque. E’ un cretino, è vittima delle donne, no le usava come Trump. E’ un evasore, un nemico pubblico. Diceva il gran Péguy che, di solito, se si ha contro il governo, si ha dalla propria il popolo. E alla fine si può scamparla. Averli tutti contro non capita mai: è essere sfortunati. Ok, Péguy parlava di Gesù, e Fabrizio Corona non è proprio un santo. Ma averli tutti contro, così che Bersani te ne vuole come l’ultimo dei carrettieri, e l’ultimo dei tassisti come il primo dei corsivisti non è solo essere sfortunati. E’ che in Italia, se non hai qualcuno da odiare, non sai proprio cosa fare, quando ti alzi alla mattina.

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"