
Foto LaPresse
Storia dell'industria familista del nord barricata in casa
Bisogna essere lombardi di ferro-meccanica, o aver frequentato la “sponda brutta” del lago di Como quando non andavano di moda i misultin con la polenta e i romanzi di Andrea Vitali, per capire. Altrimenti si rischia di confondere la storia di Maria Cristina Gilardoni, 83 anni, Cavaliere del lavoro, padrona (più che proprietaria) della Gilardoni Raggi X di Mandello sul Lario con quella di un qualsiasi Bersani, che non lo cacciano dal Pd manco con le bombe. O di un D’Alema, che viceversa si farebbe esplodere con tutti i faldoni della Bicamerale, piuttosto di mollare la ditta al toscanello usurpatore.
Una sentenza del Tribunale di Milano ha tolto alla signora Gilardoni l’autorità per governare l’azienda fondata dal padre, gioiello industriale mondiale nel settore della diagnostica medica, perché con il suo stile di conduzione d’antan, diciamo, oramai vessava e metteva in fuga lavoratori e clientela, e stava portando la ditta al precipizio. La signora non s’è persa d’animo. Il giorno dopo è tornata in fabbrica e s’è barricata in ufficio, facendo correre brividi di terrore nelle schiene dei lavoranti. Finirà come finirà. Forse no in gloria come la lunga lite di Bernardo Caprotti coi figli per il controllo dell’Esselunga. Ma è un altro caso, e se volete aggiungeteci le ambasce del Cav. per il futuro delle sue aziende, di come un certo modo di essere imprenditori e familisti, e attaccati più al lavoro che alla “roba”, sia la cifra, la benedizione e insieme la sventura, dell’industria, lassù al nord.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
