La Fifa è salva, non si muove dalla Svizzera. Ma noi?
Come per i segreti del cioccolato, e in assenza dei sacri confini di Schengen, era necessaria una sola cosa: che lo scettro magico del pallone non lasciasse proditoriamente i confini della Confederazione elvetica, e con ciò dell’Europa (quel che resta dell’Europa?). Soprattutto se, di questi tempi, la corona del re del football fosse finita direttamente sulla testa dello sceicco del Bahrein Salman Al Khalifa, che già quelli si sono presi le migliori fette di torta dei club. Così, salutato alla buon’ora Sepp Blatter, è arrivato Gianni Infantino, che pur col nome petaloso e promettente è l’ex segretario generale della Uefa, roba di noi calciofili occidentali, ma è svizzero come una guardia del Papa, seppure di origini italiane. Adesso che abbiamo vinto la battaglia geopolitica, toccherà vedere che avverrà, del giardinetto mondiale dei sogni che ci fa tutti così appassionati, e crudeli.
Per ora Infantino ha detto che vuole essere “il presidente di tutte e 209 le federazioni” e “costruire una nuova èra, un grande segno di democrazia”. E già qui, le premesse obamiane inducono a scongiuri da curva Sud. L’altra grande promessa, confidata al giornale sportivo spagnolo AS, è quella di fare i Mondiali del 2026 a 40 squadre, “daremmo ad altri otto paesi l’opportunità di approfittare della follia del Mondiale”, ha detto. Laddove “follia” non si sa bene per cosa stia. Ma se dovremo prepararci ai gironi finali con le Isole Far Oer e il Bangladesh, forse era meglio una Guerra mondiale.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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