Una dotta citazione su Hobbes ci parla del nostro terrore

Maurizio Crippa
Carlo Ginzburg, uno dei più grandi storici contemporanei, specialista dell’età moderna, analizza il frontespizio della prima edizione (Londra, 1651) del Leviathan di Hobbes. Lo faceva ovviamente per parlare del nostro mondo, appena qualche anno fa.

    Nel secondo di cinque brevi “saggi di iconografia politica”, da poco ripubblicati da Adelphi col titolo “Paura reverenza terrore”, Carlo Ginzburg, uno dei più grandi storici contemporanei, specialista dell’età moderna, analizza il frontespizio della prima edizione (Londra, 1651) del Leviathan di Hobbes. Lo faceva ovviamente per parlare del nostro mondo, appena qualche anno fa. Ma sembra inevitabilmente oggi. E oggi, è più saggio stare ad ascoltare Carlo Ginzburg che scrivere parole a vanvera: “Parlerò di terrore, non di terrorismo. Non credo che la parola ‘terrorismo’ ci aiuti a capire gli eventi sanguinosi cui viene riferita. Come il terrorismo, anche il terrore è attuale…”. Inizia così. E alla fine: “Viviamo in un mondo in cui gli stati minacciano il terrore, lo esercitano, talvolta lo subiscono. E’ il mondo di chi cerca di impadronirsi delle armi, venerabili e potenti, della religione, e di chi brandisce la religione come un’arma. Un mondo in cui giganteschi Leviatani si divincolano convulsamente o stanno acquattati aspettando. Un mondo simile a quello pensato e indagato da Hobbes. Ma qualcuno potrebbe sostenere che Hobbes ci aiuta a immaginare non solo il presente ma il futuro: un futuro remoto, e tuttavia forse non impossibile”. Ora ci siamo. Paura, reverenza, terrore.

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"