Gli hipster buoni con la barba e quelli coi coltelli e i selfie
L’apprensione generata dalle paure del multiculturalismo selvaggio può giocare brutti scherzi, specie nei paesi che non riescono più a tenere a bada il loro esplosivo melting pot. Così, nella Svezia in cui Zlatan Ibrahimovic vince il disco d’oro perché canta l’inno nazionale, quando dei pericolosi barbuti sono stati avvistati tra le rovine del castello di Brahehus qualcuno li ha scambiati per terroristi dell’Isis e ha chiamato la polizia. Solo che invece erano un gruppetto di hipster con il mito della barba lunga, adepti di un’associazione scandinava non più bizzarra di certe sigle animaliste inventate da Maria Vittoria Brambilla quando era un leader politico: i “Bearded Villains”, congrega che promuove gli “uomini barbuti con carattere”. Mancava solo Calderoli, par di capire. Visti gli agenti, si sono fatti una risata: “Si sono resi conto che eravamo solo straordinari, amorevoli e fantastici fratelli barbuti”. A chi avesse il dubbio che l’esibito machismo potesse avere qualcosa di scorretto sotto il profilo dogmatico del gender, ha risposto il loro capo: il loro obiettivo è lottare “contro l’omofobia, il razzismo e l’oppressione delle donne. “In effetti”, ha però ammesso, “la nostra bandiera assomiglia a quella dell’Isis”. Ma non è colpa loro, al massimo è dell’omologazione. Quella per cui, invece, i giovani palestinesi che accoltellano gli ebrei si fanno un punto d’onore di scattarsi selfie e video con i migliori smartphone in commercio. Forse anche loro vogliono essere degli amorevoli hipster.


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