
La trasparenza della cuoca e i conti della serva
Non sapremmo dire, ora che anche il baluardo di Montecarlo è caduto e ai segreti bancari tanti saluti anche lì, se Flavio Briatore dovrà comprarsi qualche pagina di quotidiano per spiegare di non avere nessun conto del croupier.
Non sapremmo dire, ora che anche il baluardo di Montecarlo è caduto e ai segreti bancari tanti saluti anche lì, se Flavio Briatore dovrà comprarsi qualche pagina di quotidiano per spiegare di non avere nessun conto del croupier. Anche no, azzardiamo: il Principato è più noto per gli appartamentini a sbafo. Va anche presa nota che, da quando è diventato un mestiere trendy, quello dello chef è diventato un business ad alto rischio, se a un bravo professionista del palermitano che ha fatto fortuna da Antonella Clerici i malavitosi gli prendono a mazzate la porta del ristorante. Ma questo non è il punto. Il punto è che tocca interrogarsi (un’altra volta, sì) sulla differenza che passa tra la privacy dei soldini che per riposare all’estero è giusto che siano lindi come bambini, e l’ingerenza inquisitoria che a mezzo stampa, la stampa che è l’anticamera dell’avvisetto di garanzia, spara in pagina i presunti segreti malandrini di ogni ricco & famoso o quasi che sia. Così il fumantino Briatore, che il fatto suo lo conosce, ha dovuto spendere quattrini per comprare pagine di giornali e pubblicare con l’evidenza necessaria la notizia (né criminis né niente, solo notizia) che, a conferma della banca Hsbc, una cuoca che aveva lavorato per il catering di una sua società non ha mai avuto un conto in Svizzera, né tantomeno con dentro 39 milioni di dollari (loschi, per forza). La chiamano trasparenza. E figurarsi quando a un pm, o a un pistarolo di lungo fiuto, verrà in mente di controllare i conti della serva.


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