Dal Landini alle Ande. Quelli menati senza Cuore
"Non c’è nulla da spiegare. Quello che dovevo dire l’ho detto".
"Non c’è nulla da spiegare. Quello che dovevo dire l’ho detto. Sempre alla luce del sole”. Ieri hanno preso un vecchio spericolato arrampicatore, lo hanno appeso alla solita parete e lo hanno menato un’altra volta come un tamburo. Brutto Pinocchio, gli hanno detto, adesso è tutto chiaro, non è vero che quella volta hai vinto la battaglia che avevi detto. Stavi solo bluffando, è da una vita che bluffi. Adesso ti sistemiamo noi. Scafati come siamo, abbiamo subito pensato che il punching ball appeso al muro fosse Maurizio Landini, quello che prima l’ha corcato Marchionne e adesso il Bullo rincara la dose, mentre quella canaglietta della Camusso ne approfitta per stampargli il mocassino sulle chiappe. Invece no, ce l’avevano con Cesare Maestri, maestro d’alpinismo, per quella volta che raccontò di aver scalato la montagna più difficile del mondo, il Cerro Torre, ma era una balla. In più aveva usato il trapano ad aria compressa per infilare i chiodi, una cosa che non si fa, incongrua, come voler creare posti di lavoro usando l’articolo 18. Cesare Maestri ha 85 anni, non ha più voglia di difendersi, non gli frega più neanche di dove sono le Ande, ma gli girano che ancora oggi gli tirino fuori quella figuraccia. Un po’ come a Landini, che adesso quel mascalzone di un fiorentino, quel Franti del libro “Cuore” che ride delle disgrazie, lo tratta da pirla solo per aver pensato di fare politica. “Erano i titoli che erano sbagliati”, ha detto. O se non l’ha detto lui, era Cesare Maestri.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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