Foto Franco Origlia/Getty Images

1928-2021

È morta Lina Wertmüller. Il suo cinema è molto di più della lunghezza dei titoli

Giovanni Battistuzzi

La regista è stata un pioniera, sia delle donne dietro alla macchina da presa, soprattutto di un modo diverso di vedere il mondo e tradurlo in pellicola. Per Lynch i suoi film “erano colpi alla bocca dello stomaco che sembravano carezze”

C’è una cosa che tutti sanno e ricordano del cinema di Lina Wertmüller: la lunghezza dei titoli. Qualcosa che è venuto in mente anche oggi quando è arrivata la notizia che Lina Wertmüller è morta a 93 anni.

I suoi film non sempre venivano citati in maniera corretta, non sempre erano stati visti davvero. Il cinema a volte è anche questo: un substrato comune di conoscenza generica, un casellario dove sono riposte linee guida per chiacchiere generaliste. Star Wars è per la maggior parte delle persone “che la Forza sia con te”, Apocalypse Now “il Vietnam e la crudeltà dell’uomo”, Ecce Bombo “faccio cose, vedo gente”. Sono cose che si sanno, anche quando i film non sono stati visti. Su Lina Wertmüller il patrimonio comune riguardava l’espressione “quella dei titoli lunghi”: “Mimì metallurgico ferito nell’onore”, “Film d'amore e d'anarchia - Ovvero "Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…”, “Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d’agosto”, “Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici”. Per una donna che all’anagrafe era stata segnata come Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich era forse qualcosa di ineludibile.

Il cinema di Lina Wertmüller era molto di più però della lunghezza dei suoi titoli. Era un mondo a sé, che partiva dalla realtà, dalla cronaca, e finiva per riscriverla in parte, indirizzarla verso una dimensione nuova dove il grottesco e il paradosso si mescolavano senza soluzione di continuità con la politica e tutte quelle piccole miserie umane che cerchiamo sempre di nascondere.

Nell’ottobre del 2019 la regista, prima donna a essere candidata agli Oscar come migliore regista (nel 1977 per Pasqualino settebellezze), ricevette l’Oscar alla carriera assieme a David Lynch. Qualche giorno dopo il regista americano, alla Nbc Radio, disse di essere “estremamente fiero” del premio ricevuto, e “orgoglioso di averlo ricevuto assieme a una regista come Lina Wertmüller, perché Lina è riuscita a fare un cinema elegante e sorprendente, a dare seguito e riscrivere in parte la tradizione della commedia italiana, l’ha resa affascinante e angosciante, ma con un’eleganza e un’ironia unica. Ha iniziato con Fellini e ha applicato la sua poetica alla realtà, cosa difficilissima. È una dei maestri del cinema italiano. È un peccato che a volte l’Italia se lo dimentichi”.

Federico Fellini le diede fiducia e opportunità. Di lei disse che “aveva una visione unica del mondo, la capacità di immaginare e narrare per inquadrature. Una dote naturale e rara”. Di lui disse Lina Wertmüller: “Fellini era molto più di un amico. È stato come aprire una finestra e scoprire davanti a te un paesaggio meraviglioso che prima non conoscevi. La nostra relazione era molto più ampia, molto più profonda e molto più significativa di qualsiasi cosa io possa descrivere”.

Lina Wertmüller non è mai stata però una continuazione di Fellini. È stata un pioniera, sia delle donne dietro alla macchina da presa, soprattutto di un modo diverso di vedere il mondo e tradurlo in pellicola. “C’è una cosa che ho invidiato molto a Lina: l’armonia. Il suo era un cinema armonico, sottile, gentile, anche se durissimo. Era colpi alla bocca dello stomaco che sembravano carezze”. Questo almeno per David Lynch.

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