È morto Jean-Paul Belmondo

L'attore francese aveva 88 anni. Fu uno dei grandi interpreti della Nouvelle Vague francese, prima di avere a noia il cinema d'autore e concentrarsi sui polizieschi

Giovanni Battistuzzi

Il regista Jean-Luc Godard, in un'intervista del 2010, disse che "se si sommassero le donne che in Francia, nel corso degli anni, avrebbero voluto amare Alain Delon e Jean-Paul Belmondo si raggiungerebbe suppergiù la popolazione che vive attualmente in Europa. A unire le generazioni femminili francesi è stato il desiderio di essere baciate da loro due. A dividerle la preferenza per uno o per l'altro". Per Godard Delon era "la bellezza senza appello", Belmondo "il fascino mascalzone, quello che ti attrae perché inizialmente ti respinge". Il brutto più bello di Francia lo descrisse con grande abilità di sintesi François Truffaut. Un fascino che nonostante gli anni e gli acciacchi continuava a sussistere, che si è spento oggi. Jean-Paul Belmondo è morto a 88 anni.

Godard scelse Belmondo da giovane perché "il suo sguardo e il suo sorriso erano lo sguardo e il sorriso di una Francia che stava cambiando riferimenti artistici ed estetici". Delon lo diresse solo decenni e decenni dopo, quando l'attore "era diventato un uomo e non più un sogno erotico".

 

Belmondo fu anche grazie a Godard che divenne un attore cinematografico, fu il regista che tra i primi intravide nel ragazzo di Neuilly-sur-Seine un grande talento attoriale, fu lui a convincerlo di dedicarsi al cinema e non solo al teatro. Belmondo era andato al Conservatoire national supérieur d'art dramatique per calcare i palchi, nulla più della macchina da presa lo agitava. A mettersi davanti a una cinepresa lo portò Norbert Tildian, ma per "ragioni economiche. Non avevo un franco, lavoravo poco e festeggiavo ancor meno. Fu un disastro. A rivedermi ora penso che solo un folle potesse trovarci qualcosa di buono nella mia recitazione". Quel folle fu Godard, prima nel cortometraggio Charlotte et son Jules, poi in Fino all'ultimo respiro.

Iniziò così una carriera che lo condusse dietro la cinepresa di grandi registi, che però abbandonò quando iniziò a stufarsi "dei tormenti emotivi e psicologici" e iniziò a preferire "l'azione, quella che ti fa divertire da matti e che rende il cinema ancora eccitante". Il poliziesco divenne il suo rifugio, gli inseguimenti il suo divertimento. "Non verrò considerato un gran attore? Non mi daranno premi? Me ne farò una ragione, è meglio scegliere quello che ti fa star meglio rispetto a quello che ti incensa di più".

 

Per Alain Resnais Belmondo "poteva diventare il più grande attore francese della storia del cinema francese fosse stato più oculato nelle sue scelte. Il fatto che sia diventato lo stesso, anche se a suo modo, fa capire quanto talento avesse".

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