Il (secondo) documentario su Steve Bannon

“The Brink - Sull’orlo dell’abisso”, girato da Alison Klayman, sarà nelle sale italiane dal 29 aprile

Mariarosa Mancuso

L’internazionale populista al lavoro – se parlare di internazionalismo, per partiti che dicono “America First”, “Prima gli italiani”, “Soprattuto siamo francesi” non fosse una contraddizione. Steve Bannon, ex consigliere di Donald Trump, dorme negli alberghi da cinque stelle in su, a Venezia con vista sul Canal Grande. In visita alle case dei “miserabili” – così li chiamò Hillary Clinton, in disastrosa accoppiata con gli “sdentati” di François Hollande – ostenta commozione: “Mi sembra la stanza di mia nonna, crocifissi dappertutto”. Ascolta senza batter ciglio la sgangherata poesia che la padrona di casa ha composto per lui. Sale in macchina con i suoi e si sfoga “non ci vivrei neppure dopo morto”. Scene dal documentario “The Brink - Sull’orlo dell’abisso”, girato da Alison Klayman (nelle sale italiane dal 29 aprile). Sul manifesto, la silhouette di Steve Bannon scamiciato – a volte doppiamente scamiciato, ha il vezzo di portare due camicie una sopra l’altra. E un piccolo globo terrestre posizionato ai suoi piedi, neanche fosse un pallone da calciare. È il secondo documentario a lui dedicato: il primo, intitolato “American Dharma”, lo girò Erroll Morris, regista di “The Fog of War” (su Robert McNamara, ministro della Difesa americana ai tempi del Vietnam). Il documentarista fu accusato di grave cedimento al nemico, per aver guardato vecchi film assieme al diavolo sovranista.

  
“American Dharma” era l’anno scorso alla Mostra di Venezia, il teorico dell’internazionale populista non si presentò alla proiezione – non ufficialmente, almeno, qualcuno sostiene di averlo visto sgattaiolare in sala a luci spente e poi scappare via prima che le riaccendessero. Approfittò della gita in Italia – nannimorettianamente: “Mi si nota di più se non vengo, oppure se vengo e sto in disparte?” – per incontrare Giorgia Meloni.

  
Il rissoso siparietto con il giornalista che si riferisce Fratelli d’Italia “partito neofascista”, subito smentito da Giorgia Meloni, mentre il giornalista insiste con Steve Bannon – “me lo hai detto tu” è uno dei momenti memorabili del documentario. Assieme alla pronuncia di “Zeitgeist”, spirito del tempo. E alla rivendicazione: “Donald Trump non avrebbe vinto senza di me”. E alla minaccia: “Resterà per trent’anni nelle vostre vite”. Sostiene che i futuri libri di storia parleranno di “nuova rivoluzione francese”. Ciliegina: “La Cina è una truffa alla Madoff, lo so perché lavoravo da Goldman Sachs”. “Donald Trump è la divina provvidenza”, Steve Bannon resta il suo profeta. Però anche la provvidenza divina va aiutata con le opere. Quindi invita gli adepti a darsi da fare. Anche le signore che dichiarano “lo adoro” agitando i pugnetti. Se poi le folle non fossero abbastanza attive nel proselitismo, esiste un piano B. Testuale: “Prima prendiamo il controllo dello stato, e poi convinciamo la gente”.

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