Ansa
il viaggio di leone
Il Papa va da Erdogan e ricorda il ruolo dei cristiani
"Sono parte dell'identità turca", dice Leone XIV davanti a Erdogan, che ha concesso l'edificazione di una chiesa (la prima dal 1923)
Prima tappa del viaggio di Leone XIV. Visita al Mausoleo di Atatürk e colloquio con il presidente. La speranza sulla Turchia come "fattore di stabilità e di avvicinamento fra i popoli"
Nel suo primo discorso in terra turca, Papa Leone XIV rivendica subito il ruolo dei cristiani nella società che al 99 per cento è musulmana. Parlando al Corpo diplomatico, poco dopo essere atterrato ad Ankara e aver conversato privatamente con il presidente Recep Tayyip Erdogan, il Pontefice ha detto: “Desidero assicurare che all’unità del vostro paese intendono contribuire positivamente anche i cristiani, che sono e si sentono parte dell’identità turca”. Non una minoranza insignificante, dunque, ma una minoranza con un ruolo integrato e ben preciso. Proprio oggi il Figaro ricordava che nel suo ultimo rapporto, il Centro europeo per il diritto e la giustizia (ECLJ) evocava un’ostilità crescente nei confronti delle minoranze religiose che va di pari passo con la promozione di valori islamo-nazionalisti. Si citavano “le auto della polizia poste nei pressi delle chiese più importanti di Istanbul” a mostrare “l’inquietudine di una minoranza che teme per la propria sicurezza dopo l’attentato del gennaio 2024 contro Santa Maria, rivendicato dal gruppo Stato islamico, che provocò un morto”, peraltro di fede musulmana. I cristiani che erano quattro milioni all'inizio del Novecento, oggi sono centomila. Dal 1923 a oggi è stata edificata solo una chiesa – e dopo mille traversie – in terra turca. La comunità cristiana ha sofferto poi la recente conversione a moschea dell'antica chiesa di San Salvatore in Chora, a Istanbul.
“In una società come quella turca, dove la religione ha un ruolo visibile, è fondamentale onorare la dignità e la libertà di tutti i figli di Dio: uomini e donne, connazionali e stranieri, poveri e ricchi. Tutti siamo figli di Dio e questo ha conseguenze personali, sociali e politiche. Chi ha un cuore docile al volere di Dio promuoverà sempre il bene comune e il rispetto per tutti. Oggi questa è una grande sfida, che deve rimodellare le politiche locali e le relazioni internazionali, specialmente davanti a un’evoluzione tecnologica che potrebbe altrimenti accentuare le ingiustizie, invece di contribuire a dissolverle”, ha detto Robert Prevost. Augurandosi, poi, che la Turchia possa “essere un fattore di stabilità e di avvicinamento fra i popoli, a servizio di una pace giusta e duratura”. "Oggi più che mai – ha proseguito il Pontefice – c’è bisogno di personalità che favoriscano il dialogo e lo pratichino con ferma volontà e paziente tenacia. Dopo la stagione della costruzione delle grandi organizzazioni internazionali, seguita alle tragedie delle due guerre mondiali, stiamo attraversando una fase fortemente conflittuale a livello globale, in cui prevalgono strategie di potere economico e militare, alimentando quella che Papa Francesco chiamava 'terza guerra mondiale a pezzi'. Non bisogna cedere in alcun modo a questa deriva! Ne va del futuro dell’umanità".