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Il Papa ricorda che “la Chiesa non tollera l'antisemitismo e lo combatte”. Nonostante tutto
“Non possiamo negare che in questo periodo ci siano stati anche malintesi, difficoltà e conflitti, che però non hanno mai impedito la prosecuzione del dialogo. Anche oggi non dobbiamo permettere che le circostanze politiche e le ingiustizie di alcuni ci distolgano dall’amicizia", ha detto il Pontefice
Due giorni fa ricorreva il sessantesimo anniversario della promulgazione della Dichiarazione conciliare Nostra aetate sul dialogo interreligioso. Il cuore del documento, però, era rappresentato dal “nuovo inizio” nei rapporti con l’ebraismo: “Per la prima volta nella storia della Chiesa”, ha detto il Papa all’udienza generale, “doveva così prendere forma un trattato dottrinale sulle radici ebraiche del cristianesimo, che sul piano biblico e teologico rappresentasse un punto di non ritorno”.
In Nostra aetate si legge che la Chiesa, “memore del patrimonio che essa ha in comune con gli ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque”. Da allora, ha sottolineato il Pontefice, “tutti i miei predecessori hanno condannato l’antisemitismo con parole chiare. E così anch’io confermo che la Chiesa non tollera l’antisemitismo e lo combatte, a motivo del Vangelo stesso”. Ciò a prescindere da situazioni contingenti che possono rallentare il dialogo: “Non possiamo negare che in questo periodo ci siano stati anche malintesi, difficoltà e conflitti, che però non hanno mai impedito la prosecuzione del dialogo. Anche oggi non dobbiamo permettere che le circostanze politiche e le ingiustizie di alcuni ci distolgano dall’amicizia, soprattutto perché finora abbiamo realizzato molto”.
Parole apprezzate da Noemi Di Segni, presidente dell’Ucei: “Importanti le parole del Papa in questo anniversario, cogliendo l’allarme di quanto stiamo vivendo in Italia nelle piazze e negli atenei, e il suo autorevole appello a rimanere dentro al dialogo anche quando ci sono situazioni che mettono a dura prova quanto maturato in questi sei decenni”. Papa Leone è cosciente di quanto il rapporto con il mondo ebraico (pur variegato al suo interno) si sia deteriorato dopo il pogrom compiuto da Hamas due anni fa. Da un lato le prese di posizione del governo israeliano, dall’altro le forti prese di posizione di esponenti autorevoli dell’ebraismo.
Lo stesso rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, disse esplicitamente che erano stati compiuti molti passi indietro nel dialogo. Non aiutarono a rasserenare il clima poi alcune dichiarazioni di Papa Francesco, spesso pronunciate a braccio e non concordate con la Segreteria di stato, come quando arrivò a parlare – in due circostanze – di un possibile genocidio in corso nella Striscia. Prevost ha scelto un approccio diverso, più prudente, anche se non ha risparmiato critiche pubbliche alle azioni dell’Idf: a luglio, dopo che un missile aveva colpito il complesso della parrocchia cattolica di Gaza, espresse il suo “profondo dolore per l’attacco dell’esercito israeliano”, aggiungendo che “tale atto, purtroppo, si aggiunge ai continui attacchi militari contro la popolazione civile e i luoghi di culto a Gaza”.