Gerhard Ludwig Muller (LaPresse)

SESSANT'ANNI DOPO IL CONCILIO

Profeta o demolitore. Karl Rahner, chi era davvero costui?

Gerhard Ludwig Müller

Il suo pensiero è conforme alla fede o la diluisce nelle categorie moderne e muove da principi errati? Domande

Pubblichiamo la prefazione del cardinale Gerhard Ludwig Muller, prefetto emerito del dicastero per la Dottrina della fede, al volume “Rahner oltre Rahner. L’ontologia del simbolo in Karl Rahner”, scritto da Salvatore Vitiello ed edito da Cantagalli (384 pp., 27 euro)

   


   

"Rahner oltre Rahner” di Salvatore Vitiello è il frutto maturo di un lungo cammino: certamente del cammino personale e accademico dell’Autore, ma anche, potremmo dire, del cammino teologico-ecclesiale che va dal Concilio Vaticano II ai nostri giorni. Negli ultimi sessant’anni, la Chiesa ha visto formarsi al proprio interno un duplice “fronte”, o meglio, come chiaramente indicato da Benedetto XVI, una duplice, e perfino contraddittoria “ermeneutica conciliare”: quella della discontinuità e della rottura, e quella  della riforma, nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa (cfr. Benedetto  XVI, “Discorso alla Curia Romana”, 22 dicembre 2005). La prima ermeneutica ha sempre causato confusione nella dottrina e  nella vita della Chiesa cattolica, “arruolando” parte della teologia moderna  e avvalendosi, da subito, del favore dei mass-media, per i quali le categorie e gli interessi politico-ideologici oscurano la verità rivelata, che è stata  affidata alla Chiesa da Gesù Cristo, il Verbo incarnato di Dio Padre, per la  fedele e infallibile sua proclamazione a tutti gli uomini, sino alla fine del  mondo (cfr. Mt 28,16-20). 

 

La seconda ermeneutica, al contrario, silenziosamente ma sempre più  visibilmente ed efficacemente, ha portato frutto: un frutto testimoniato innanzitutto dalla santità degli ultimi Papi – Giovanni XXIII, Paolo VI,  Giovanni Paolo II –, quindi dalla nascita e dalla diffusione dei nuovi movimenti ecclesiali, infine dallo sviluppo di una Teologia pienamente fedele  al deposito della fede (1 Tm 6,20) e, proprio per questo, capace di entrare in  un positivo dialogo con la modernità e con le varie istanze che la caratterizzano: in ordine al pensiero scientifico, in riferimento ai rapporti con  l’uomo e la società contemporanea, ed anche rispetto al grande tema del pluralismo religioso.

 

La prima ermeneutica, che fa derivare dottrine mutevoli dagli stati fluidi di coscienza del soggetto pio, individuale o collettivo (al passo con il protestantesimo-culturale di F. D. E. Schleiermacher e di A. v. Harnack con il modernismo-cattolico, dell’inizio del XX secolo), vuole una Chiesa e una  teologia “evolute”, sempre acriticamente al passo coi tempi, totalmente emancipate dalla Sacra Scrittura, dalla Tradizione apostolica e dal Magistero della Chiesa cattolica che le ha precedute e, in realtà, vuole una Chiesa ed  una teologia continuamente asservite al pensiero dominante. La seconda ermeneutica è per una Chiesa fondata nella Rivelazione del Dio trino in Gesù Cristo, ricca di memoria, consapevole e grata della propria  bimillenaria storia, continuamente rinnovata nei propri membri dall’annuncio integrale e appassionato del Vangelo e dalla fedeltà ai Comandamenti e  alla verità sull’uomo, inteso come creatura di Dio e “Uditore della Parola”  – è il titolo del testo principale della filosofia religiosa e della teologia fondamentale di Karl Rahner (1941); una Chiesa vivificata dal contatto con la  Persona di Cristo, presente e operante nei Sacramenti della fede. La ricerca e la riflessione dell’Autore si collocano evidentemente e apertamente in questa seconda ermeneutica, che è l’ermeneutica della Chiesa  cattolica, che Ireneo di Lione sviluppò contro gli gnostici di tutti i tempi e  che è stata richiamata dal Concilio Vaticano II (Dei Verbum 7-10). Salvatore Vitiello, infatti, si muove nel chiaro orizzonte della fede ecclesiale, procedendo entro le coordinate scritturistiche, tradizionali e magisteriali proprie della migliore Teologia dogmatica ed orientandosi con  sicurezza nei sentieri, talvolta tortuosi, della filosofia moderna e contemporanea. Con questo saggio, tuttavia, l’Autore avanza una proposta innovativa, decidendo di misurarsi con uno dei pensatori più influenti e perciò  più dibattuti del secolo scorso. L’opera appare tanto più audace e profonda, quanto più si considera la mole e la complessità della produzione letteraria  del teologo di Innsbruck, München e Münster/Westfalen, che vanta oltre quattromila pubblicazioni, di cui millecinquecento tra saggi e articoli  scientifici: basti solo pensare come la sua opera principale, Schriften zur Theologie, si componga di sedici volumi, pubblicati tra il 1954 e il 1984, mentre ha contribuito come co-autore ad opere enciclopediche di rilievo, come il  Lexikon für Theologie und Kirche, di dieci volumi, e Sacramentum Mundi, di  sei volumi, che hanno ulteriormente ampliato l’impatto del suo pensiero  teologico (cfr. Karl Rahner, Sämtliche Werke, 1-32, ed. Karl Lehmann u.a.,  Freiburg i. Br. 1995-2018). 

 

Per confrontarsi con una produzione teologica così imponente, che  sembra non aver lasciato inesplorato alcun trattato teologico, l’Autore ha  deciso di adottare un particolare punto prospettico, rappresentato dal concetto, tutto rahneriano, di Simbolo reale. Nel corso dell’opera, questa categoria si rivela sempre più “decisiva”, capace com’è di far convergere, al proprio interno, tanto il complesso impianto filosofico rahneriano, condensato nella sua prima opera Geist in Welt, quanto quell’altrettanto originale declinazione teologica del pensiero del teologo di Innsbruck, che va sotto il nome di “teologia – o cristologia – trascendentale”. Lo studio si presenta filosoficamente e teologicamente fondato, chiaro  e convincente nelle argomentazioni, aggiornato sotto il profilo scientifico  e aperto ad innumerevoli sviluppi. Nelle tre parti che articolano il saggio,  l’Autore si muove con agilità tra le radici biografiche, le coordinate culturali e la dimensione spirituale del teologo gesuita, lasciando che a parlare  siano Rahner stesso o i suoi più affezionati discepoli. Nell’accostarne il pensiero, tanto filosofico quanto teologico, Salvatore Vitiello non si limita  a metterne in luce i rapporti, non sempre adeguatamente fondati, con i  principali esponenti dell’idealismo e dell’esistenzialismo tedesco, con la filosofia trascendentale di Kant e con il tentativo di sintesi con l’ontologia di San Tommaso (cfr. Joseph Maréchal S.J., Le point de départ de la métaphysique, V. Le Thomisme devant la philosophie, Paris 1922), ma compie un’opera di continua ed instancabile “traduzione” dei passaggi più complessi, sia  per contenuto sia per forma espressiva, del pensiero rahneriano, in modo  da ricostruirne l’originale ontologia simbolica e, soprattutto, le coordinate filosofico-trascendentali, senza le quali questa stessa ontologia rimarrebbe  ultimamente incompresa ed esposta a pericolose ed ingenue trasposizioni,  che non sono mancate, soprattutto in ambito teologico-sacramentale.

 

Ricostruita con esattezza la proposta di Rahner e confrontata con i principali contributi della sua stessa produzione teologica, ne vengono messe in luce le problematiche, sono proposte con coraggio accademico alcune importanti correzioni e tracciate le principali linee di possibile sviluppo. Pagina dopo pagina, l’Autore mostra di possedere quella capacità, tanto preziosa quanto rara, di tenere fisso lo sguardo sul Mistero di Cristo,  sorgente sempre viva e oggetto sempre nuovo della fede e perciò di ogni indagine teologica, per confrontarvi continuamente – e così soppesare attentamente – ogni risultato della ricerca, al fine di vagliare ogni cosa, come  insegna San Paolo, e trattenere ciò che è buono (1Ts 5,21). Correggendo  la struttura del Simbolo reale attraverso la sua verifica, prima nell’ambito  teologico-trinitario e poi in quello ontologico-creaturale, Salvatore Vitiello mostra come l’unica vera realizzazione del Simbolo reale sia, in realtà, l’Incarnazione del Logos eterno e, in particolare, il mistero della Sua unione ipostatica, dalla quale deriva ogni simbolicità creata, ogni approfondi mento in chiave trinitaria ed ogni declinazione e applicazione in chiave ecclesiologico-sacramentale. La trinitaria e la cristologia rahneriane troveranno nel Simbolo reale un efficace correttivo e un prezioso antidoto, per  quelle aporie irrisolte, dalle quali la produzione del teologo di Innsbruck  non è esente. 

 

Rompendo gli schemi tanto del progressismo quanto del tradizionalismo teologico, caratterizzati da chiusure ed unilateralità di segno opposto, l’Autore riaccende un dibattito assopito da tempo e che sembrava ormai arenato tra gli scogli di un’irriducibile contrapposizione: lo sforzo (indiscusso) di Karl Rahner per ripensare la “fede di sempre” in chiave moderna  ha prodotto un risultato genuino e affidabile, oppure frutti parziali e nocivi? Il pensiero rahneriano è conforme alla fede e, prima ancora, si fonda  su presupposti filosofici e teologici adeguati, oppure diluisce la fede nelle  categorie moderne e muove da principi errati e presupposti non verificati? Il pensiero del teologo tedesco muove certamente da istanze legittime  e segue intuizioni profonde. Le categorie da lui elaborate, specie quella  di Simbolo reale, posseggono un potenziale indiscutibile, ma domandano un’opera di rifondazione: dalla filosofia analitico-trascendentale, che risolve  tutta la realtà nella percezione del soggetto, alla metafisica realista di stampo tomista, che riconduce ostinatamente il soggetto alla realtà di Dio e del  mondo, di Gesù Cristo e della Sua Chiesa. In sintesi: Rahner sì, oppure Rahner no? La risposta dell’Autore appare  chiara, audace e innovativa: Rahner oltre Rahner.