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Editoriali
L'ondivago “fine vita” di Paglia
La linea di Ruini e quella (opposta) dell'ex capo della Pontificia accademia per la vita, secondo cui una legge serve e deve essere “votata a larghissima maggioranza” perché “ciascuno muore a modo suo”
C’è emerito ed emerito, come usa dire, e la differenza non è soltanto che Camillo Ruini è cardinale e Vincenzo Paglia s’è fermato arcivescovo. Ruini è stato per lunghi anni una guida della Chiesa e anche dell’agire dei cattolici nell’arena pubblica. Intervistato poco tempo fa dalla Stampa, aveva ribadito con lucidità la sua visione del problema delle leggi etiche, il tema ora è il “fine vita” con la discussione di una legge in Parlamento che riprenderà a settembre. Giudizi precisi: “Bisogna vedere a quale legge sul fine vita si punta ad arrivare. Temo molto che se si farà una legge sarà purtroppo una cattiva legge perché vedo un’aggressività e una voglia di legittimare di fatto l’eutanasia”, disse. Soffia un vento contrario alla vita in tutta Europa, disse, “c’è la minaccia concreta che in Italia non si riesca a esprimere politicamente la difesa dei valori non negoziabili”. Ribadì che “serve il ritorno della Chiesa dei valori”, ma non un partito cattolico. Lecito interrogarsi sulla tenuta della sua visione. Ma ci si può interrogare anche sull’intervista rilasciata ieri, sempre alla Stampa, da Paglia, presidente emerito della Pontificia accademia per la vita, che Leone XIV ha sostituito con stretta tempistica.
Paglia è più prudente del suo titolista (“Ruini sbaglia”) ma in sostanza ritiene che una legge serva, e soprattutto che sia il minore dei mali: si tratterebbe in sostanza “di circoscrivere attentamente ipotesi in cui assistere al suicidio non sarebbe più punibile”. E che “occorre che sia votata a larghissima maggioranza” perché il ‘fine vita’ è più largo di qualsiasi dettato legislativo e ciascuno muore a modo suo”. Il consueto linguaggio delle sfumature che già era costato molte critiche a Paglia quando il suo dicastero pubblicò un “Piccolo lessico del fine-vita” in cui i distinguo e i riconoscimenti alle “diverse sensibilità” erano maggiori delle indicazioni dottrinali chiare. Può darsi che sarà la linea di Paglia a prevalere e non i “non negoziabili” di Ruini. Ma per cedere su tutta la linea, tutto questo rivendicato “spazio politico” per i cattolici è davvero superfluo.