in Oregon

Pro lgbtq+, ma in latino. Il caso simbolo del vescovo americano Hennen

Il dibattito che si è scatenato è indicativo di una polarizzazione smisurata: i fedeli ultraconservatori di Davenport che attaccano Strickland e i suoi “comunicati” diffusi sui social ricordando l'amore per il latino e per le celebrazioni curate del nuovo vescovo, altri che segnalano che dai tempi della vicinanza a Courage il pensiero di Hennan si è “evoluto” al punto da “usare anche il termine transgender

Matteo Matzuzzi

Il Papa nomina un giovane presule in una sperduta diocesi e gli ultraconservatori vanno in tilt: "E' vicino ai transgender", dicono i duri e puri. "Ma celebra in latino ed è conservatore", rispondono i tradizionalisti che lo conoscono. Ah, la polarizzazione

Roma. Il cardinale Joseph Zen, qualche settimana fa, consigliava di non passare ai raggi X ogni sospiro e battito di ciglia del nuovo Papa. Di non trarre conclusioni dalle prime nomine, dalle omelie di questi mesi, dai suoi discorsi. Però vuoi la curiosità vuoi perché qualcosa si deve pur dire, è normale che le iniziali mosse del novello Pontefice ricevano un’attenzione particolare. E la fretta può portare, non di rado, a creare casi quando non esistono. Qualche giorno fa, il Papa ha nominato il quarantasettenne Thomas Hennen nuovo vescovo di Baker, diocesi in Oregon che conta solo trentaduemila battezzati (missione che più missione di così non si può), facendo di lui il più giovane ordinario statunitense. Una nomina di per sé poco significativa, ma che lì ha scatenato una guerriglia su social e  siti specializzati, tra inni di lode e  condanne all’inferno perché reo di connivenza col nemico. Il punto conteso è l’impegno diocesano di mons. Hennen con le comunità lgbtq+ e il suo contributo alla stesura di linee-guida pastorali per l’accompagnamento di tali fedeli. Immediatamente, su X è insorto mons. Joseph Strickland, il vescovo che Papa Francesco sollevò dalla guida della diocesi di Tyler dopo i ripetuti attacchi pubblici che il presule fece all’indirizzo dello stesso Pontefice – tra le altre imputazioni, eresia e accuse di minare il patrimonio della fede. Secondo Strickland, “con la nomina di padre Thomas Hennen a vescovo di Baker, Oregon, ci troviamo di fronte a una realtà preoccupante: anziché correggere la traiettoria tracciata da Papa Francesco, Papa Leone XIV sta raddoppiando gli sforzi, approfondendo l’ambiguità che ha afflitto la Chiesa”. A giudizio dell’ex vescovo di Tyler, il lavoro di Hennen sulla direttiva diocesana per i fedeli lgbtq+ “può avere la parvenza di un linguaggio accogliente, ma nella sostanza riecheggia le strategie retoriche dell’ideologia gender, minando la chiarezza cattolica e indebolendo la chiamata alla castità. Quando ciò che siamo come uomini e donne diventa negoziabile, anche il Vangelo diventa negoziabile. Questa cortina fumogena dottrinale è il segno distintivo della Mafia di San Gallo, una rete clandestina all’interno della gerarchia ecclesiastica che protegge e promuove un’ideologia omosessuale mascherandosi sotto la bandiera della compassione. Ha acquisito un’influenza senza precedenti durante l’èra di Francesco: dall’approvazione esplicita delle benedizioni omosessuali alle coperture episcopali. I suoi tentacoli ora si estendono fino al papato di Leone XIV, e la nomina di Padre Hennen ne è la prova”. Il problema è che gli stessi seguaci di mons. Strickland, soprattutto quelli che conoscono Hennen e il suo lavoro a Davenport, sono insorti: in realtà, il nuovo vescovo per anni ha collaborato a lungo e non come comprimario con Courage, l’apostolato internazionale che da più di quarant’anni accompagna i cattolici omosessuali che intendono vivere secondo gli insegnamenti tradizionali della Chiesa a cominciare dal primo obiettivo fissato: “Vivere un’esistenza casta in conformità con l’insegnamento della Chiesa cattolica romana sull’omosessualità”. Lo stesso Hennen ha detto che la sua vicinanza a Courage lo ha portato a conoscere una realtà a lui prima sconosciuta: “Ci sono persone lgbtq+ che sono e vogliono essere cattoliche e che amano la Chiesa e la loro fede cattolica. Amano le nostre tradizioni, la nostra liturgia e la nostra spiritualità”.  Se anche insomma le sue idee sul tema si sono evolute nel tempo, non ha timore di rivendicare da dove sia partito. Un presule lontano da posture muscolari o ideologiche sulla questione, dunque.

 

Il dibattito che si è scatenato, però, è indicativo di una polarizzazione smisurata: i fedeli ultraconservatori di Davenport che attaccano Strickland e i suoi “comunicati” diffusi sui social ricordando l’amore per il latino e per le celebrazioni curate del nuovo vescovo, altri che segnalano che dai tempi della vicinanza a Courage il pensiero di Hennan si è “evoluto” al punto da “usare anche il termine transgender” e d’aver contribuito a un documento diocesano dove “non si dice che gli atti omosessuali sono disordinati”. E anche all’interno dello stesso cosmo tradizionalista ci s’accapiglia con dispute sul fatto che il vescovo sia più o meno legato al vetus ordo: “Alla consacrazione si girava verso il popolo e rimaneva rivolto a Dio?”, “parlava sempre in latino o anche in inglese?”. Un minestrone che fa solo capire quanto lavoro dovrà fare Leone per mettere in pratica il suo obiettivo primario, l’unità.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.