
L'editoriale dell'elefantino
Lo show di un Papa impegnato a far uscire la Chiesa dalla stagione del moralismo
A Castel Gandolfo il pontefice compie un gesto simbolico: riposare per restituire respiro alla fede e smettere di sollecitare il nostro senso di colpa. Dopo il decennio del rimprovero morale, torna il respiro liturgico del vivere
Nietzsche, che era tutt’altro che uno stupido, scrisse da qualche parte che Cristo si era preso la punizione, invece avrebbe dovuto prendersi la colpa. Ma i pagani possono intuire in profondità le recondite disarmonie del cristianesimo, meno le avventure della sua creatura istituzionale, la Chiesa. La Chiesa cattolica contemporanea, almeno nel ciclo giovanpaolino e ratzingeriano dal 1978 al 2013, ha fatto molto, moltissimo, per sollevare il mondo moderno e postmoderno dal senso di colpa, con il suo appello a fede verità e ragione, con la sua critica positiva, logica, del relativismo. Il freudismo, inteso come sottocultura diffusa, ha intriso il nostro universo mentale e morale, scavando nella coscienza e dissolvendola nel suo sepolcro psichico, per sollecitare il senso della colpa, senza che alcuno, per di più, si prendesse una qualche punizione in croce. Due Papi giganteschi, ed è per questo che li abbiamo tanto scrutati, e amati, avevano innestato una controtendenza, che è poi il compito della Chiesa, contraddire il mondo. Poi per dodici anni abbiamo vissuto sotto il ricatto moralistico di un infaticabile Pontefice romano, che sotto veste francescana ci ha ricordato ogni giorno quanto siamo colpevoli della povertà, degli scarti tecnologici del capitalismo, del disamore a spese dei diversi, della guerra e della libertà, che non vale una bandiera bianca nemmeno in Ucraina. Poi, ma forse queste ideuzze sono il prodotto di una incredibile e improvvisa giornata fresca e tersa vissuta ieri a Roma, è venuto Castel Gandolfo.
Presto per giudicare un Leone XIV così forte nell’interiorità agostiniana, così calmo e regolare, così elegante e disinvolto nell’agire mondano, così sovranamente indifferente al populismo papalino. Il fatto che abbia deciso di riposarsi, di prendere il largo su un bel lago, in una residenza rinascimentale circondata di devozione e chiacchiericcio amabile, tra le pietre e le piante che fanno fresco al cuore, con i campi sportivi a disposizione, esaltando per tutti il famoso tempo di riposo che è un bene del corpo e dell’anima, è un ricordo della gioia di vivere di valore se non teologico almeno liturgico, o anche semplicemente letterario, una cosa di cui c’era un intenso bisogno. Nell’antropologia dei conservatori intelligenti, ecologia, non la Kinderekologie, non l’ecologia per bambini, e pacifismo e perfino la lotta di classe sono leve sensate e austere di un’idea non spregevole, non alla Candide, non fiaccamente ottimistica, di progresso e di calma morale. La colpa, quando c’è, e se c’è, e ce n’è in abbondanza, rientra nell’indagine anche personale sulla vita e sulla storia, esce dalla malmostosa tiritera politica e sociale dell’imputazione facile, del famoso contropotere.
Magari una giornata fresca illude oltre misura. Però non si sfugge alla sensazione che la mestizia del carattere, l’offuscamento magisteriale delle parole quotidiane, i pasticci e le confusioni di un decennio e più di bisticci moralistici messi al posto del sapere etico, possano, con il passare le acque di Castel Gandolfo, essere obliterati nel migliore dei modi. La corruzione dell’umanità è insuperabile, per chi ha fede e per chi evangelizza, altro che nella logica della salvezza. Non c’è tregua in quella guerra senza confini che è l’ordine civile del mondo dei magna latrocinia di Agostino. C’è il modo di trasformare quella guerra in un’occasione, in un sogno, in un credere l’assurdo, che è la vera vena ispiratrice della Chiesa e del cattolicesimo, non è un’inezia, la degradazione di uno stato di coscienza e di comportamento ingannevole, traditore, colpevole, da lebbrosi, nemmeno nella più pessimistica delle antropologie cristiane. God save the Pope.