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L'ordine del vescovo: non ci sono preti, la messa è facoltativa

Crisi di sacerdoti in Repubblica ceca e il vescovo di Olomouc sospende il precetto domenicale. Una decisione che farà scuola

Matteo Matzuzzi

I vescovi di tutta Europa da anni studiano modi per far fronte alla crisi: in Francia, già da tempo,  è stata scelta la strada di accorpare le piccole parrocchie di campagna in grandi agglomerati, il che ha comportato sì una razionalizzazione della presenza di clero sul territorio ma, allo stesso tempo, una crescente difficoltà (specie nella popolazione anziana) nel recarsi alla messa domenicale

Roma. Il precetto domenicale non è più un precetto, almeno a Olomouc, in Repubblica ceca. E’ la decisione del vescovo locale, mons. Josef Nuzik, dopo aver dovuto procedere alla cancellazione di numerose messe nella diocesi a causa della “carenza di sacerdoti”. Il provvedimento è stato letto in tutte le chiese ed è molto semplice nella sua struttura: i fedeli sono invitati a partecipare alla messa nella parrocchia più vicina alla loro abitazione o, se non vi fosse la messa, a una liturgia della Parola guidata da un diacono. Naturalmente, si può anche partecipare a una messa della vigilia, la cosiddetta “prefestiva”. Se però tutto questo non fosse possibile “per gravi motivi” (e tra i gravi motivi è citata la mancanza di un mezzo di trasporto), è possibile “sostituire la partecipazione alla santa messa domenicale con una preghiera personale o con una preghiera di mezz’ora in famiglia. Alternative ulteriori: ascoltare la messa alla radio o guardarla in televisione o su internet”. Il provvedimento è valido ad experimentum, cioè fino alla fine dell’anno. Poi si vedrà.  La decisione di mons. Nuzik è destinata a fare scuola, soprattutto in una realtà come la Repubblica ceca che, insieme all’Estonia,  è il paese più ateo d’Europa: le meravigliose chiese barocche di Praga in molti casi sono chiuse o riadattate a sale da concerto. Nuzik, poi, è presidente della locale conferenza episcopale, da un anno è arcivescovo di Olomouc e ha soli 59 anni, il che lo porta a essere un serio pretendente anche per la cattedra di Praga (l’attuale titolare, mons. Jan Graubner, compirà 77 anni a fine agosto). 

 

Se la Repubblica ceca è un paese dove la fede è minoritaria e la pratica è a livelli minimi, Olomouc rappresenta a ogni modo una sorta di piccola oasi, con il 54 per cento della sua popolazione che si dichiara cattolica. Per fare un confronto, a Praga è cattolico solo il 24 per cento della popolazione e nelle altre diocesi la situazione è più o meno la medesima. Olomouc risente del clima “più fedele” della vicina Slovacchia, dove il cattolicesimo è assai diffuso e rappresenta un pilastro identitario nazionale. La scelta di revocare – benché parzialmente e provvisoriamente – il precetto domenicale è consentito dal Codice di diritto canonico quando “sorgono ostacoli autentici”. Non a caso, mons. Nuzik chiarisce che la sua decisione non è “una licenza all’indifferenza” bensì un provvedimento “dettato dalla necessità”. Difficile, però, che si possa tornare indietro. Il problema maggiore riguarda le zone rurali, che risentono della mancanza di clero, destinata ad acuirsi dato il numero basso di vocazioni. I vescovi di tutta Europa da anni studiano modi per far fronte alla crisi: in Francia, già da tempo,  è stata scelta la strada di accorpare le piccole parrocchie di campagna in grandi agglomerati, il che ha comportato sì una razionalizzazione della presenza di clero sul territorio ma, allo stesso tempo, una crescente difficoltà (specie nella popolazione anziana) nel recarsi alla messa domenicale, anche a molti chilometri di distanza. Il rischio è che la soluzione adottata a  Olomouc sigilli il passaggio da una fede comunitaria a una meramente domestica. 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.