
foto LaPresse
Il gran discorso di Papa Leone XIV in occasione del Giubileo delle Chiese orientali
Il Pontefice parla di mistero, liturgia e invita l’occidente a riscoprire il “primato di Dio”. Non male
La matrice spirituale di Leone XIV, già chiara fin dall’omelia pronunciata il giorno dopo l’elezione in Sistina (quella conclusasi con l’invito perentorio a “sparire perché rimanga Cristo”), si è vista anche ieri: prima quando ricevendo Jannik Sinner ha detto “meglio di no” alla proposta di giocare a tennis nelle stanze che danno sull’Aula Paolo VI (Prevost è uno sportivo serio e ai marmi e alle tappezzerie preferisce la terra rossa), poi con il discorso ai partecipanti del Giubileo delle Chiese orientali. Un discorso denso – anche di citazioni, da Efrem il Siro a san Isacco di Ninive – che ha spaziato dalle guerre ai cristiani perseguitati, fino alla liturgia, con parole dal sapore antico che non si ricordavano quasi più: “Quanto bisogno abbiamo di recuperare il senso del mistero, così vivo nelle vostre liturgie, che coinvolgono la persona umana nella sua totalità, cantano la bellezza della salvezza e suscitano lo stupore per la grandezza divina che abbraccia la piccolezza umana! E quanto è importante riscoprire, anche nell’occidente cristiano, il senso del primato di Dio, il valore della mistagogia (cioè l’approfondimento e la comprensione dei sacramenti dopo la loro celebrazione, ndr), dell’intercessione incessante, della penitenza, del digiuno, del pianto per i peccati propri e dell’intera umanità, così tipici delle spiritualità orientali!”, ha detto il Papa.
“Le vostre spiritualità, antiche e sempre nuove, sono medicinali. In esse il senso drammatico della miseria umana si fonde con lo stupore per la misericordia divina, così che le nostre bassezze non provochino disperazione, ma invitino ad accogliere la grazia di essere creature risanate, divinizzate ed elevate alle altezze celesti. Abbiamo bisogno di lodare e ringraziare senza fine il Signore per questo”, ha aggiunto. Subito dopo, Leone XIV si è soffermato sulle guerre che insanguinano l’oriente: “La pace di Cristo non è il silenzio tombale dopo il conflitto, non è il risultato della sopraffazione, ma è un dono che guarda alle persone e ne riattiva la vita. Preghiamo per questa pace, che è riconciliazione, perdono, coraggio di voltare pagina e ricominciare. Perché questa pace si diffonda – ha aggiunto il Pontefice –, io impiegherò ogni sforzo. La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace. I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo! La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano; perché passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare. Rifuggiamo le visioni manichee tipiche delle narrazioni violente, che dividono il mondo in buoni e cattivi”.
La Chiesa, ha detto ancora Papa Prevost, “non si stancherà di ripetere: tacciano le armi. E vorrei ringraziare Dio per quanti nel silenzio, nella preghiera, nell’offerta cuciono trame di pace; e i cristiani – orientali e latini – che, specialmente in medio oriente, perseverano e resistono nelle loro terre, più forti della tentazione di abbandonarle. Ai cristiani va data la possibilità, non solo a parole, di rimanere nelle loro terre con tutti i diritti necessari per un’esistenza sicura. Vi prego, ci si impegni per questo!”. Il tutto era iniziato: “Cristo è risorto. E’ veramente risorto! Vi saluto con le parole che, in molte regioni, l’oriente cristiano in questo tempo pasquale non si stanca di ripetere, professando il nucleo centrale della fede e della speranza. Ed è bello vedervi qui proprio in occasione del Giubileo della speranza, della quale la risurrezione di Gesù è il fondamento indistruttibile”. Brevità, chiarezza e pochi argomenti per titolisti disinteressati al fatto religioso e più avvezzi alla sociologia variamente declinata.
In questi primi giorni del pontificato, Leone XIV studia la situazione prima di prendere ogni decisione riguardante il governo della Chiesa. Riceve i capidicastero (ieri il cardinale Claudio Gugerotti, delle Chiese orientali, e il pro prefetto del dicastero per l’Evangelizzazione, mons. Rino Fisichella) e non solo: tra le udienze comunicate dalla Sala stampa, ci sono quella con il cardinale Sean O’Malley, già arcivescovo di Boston e presidente della Pontificia commissione per la tutela dei minori, e quella con mons. Fernando Ocáriz Braña, moderatore dell’Opus Dei. Tutto questo prima dell’udienza al Corpo diplomatico in programma domani e della messa d’inizio del ministero petrino, domenica mattina.