Caotica ma non eretica. Anche Müller dà il placet ad Amoris laetitia
"I peccati dello spirito a volte più gravi di quelli della carne"
Roma. “Siamo testimoni di un paradossale capovolgimento dei fronti. I teologi che si vantano di essere liberal/progressisti, che precedentemente, per esempio in occasione dell’enciclica Humanae vitae, hanno messo in questione radicalmente il Magistero del Papa, adesso elevano qualunque sua frase, che sia di loro gusto, quasi al rango di un dogma. Altri teologi, che si sentono in dovere di aderire rigorosamente al Magistero, adesso fanno l’esame a un documento del Magistero secondo le regole del metodo accademico, come se fosse la tesi di un loro studente”.
A offrire l’impietosa immagine di una spaccatura dentro la chiesa su questioni non secondarie è il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito della congregazione per la Dottrina della fede, che ha firmato il lungo saggio introduttivo a Risposte amichevoli ai critici di Amoris laetitia, l’ultimo libro di Rocco Buttiglione – filosofo molto stimato da Giovanni Paolo II – che domani sarà in libreria edito da Ares. Müller, ed è qui la notizia più rilevante, prende le distanze dalle petizioni che denunciano la presenza di noterelle vagamente eretiche nell’esortazione post sinodale, chiarendo che “le dottrine dogmatiche e le esortazioni pastorali del capitolo 8 di Amoris laetitia possono e devono essere intese in senso ortodosso” e che il documento “non implica nessuna svolta magisteriale verso un’etica della situazione e quindi nessuna contraddizione con l’enciclica Veritatis splendor di san Giovanni Paolo II”.
Müller osserva che l’esortazione (al celebre e assai discusso capitolo ottavo) presenta “alcuni passaggi controversi e non sempre rigorosamente argomentati” e che “chi si impegna per la chiarezza e verità della dottrina della fede, specialmente in un’epoca di relativismo e agnosticisimo, non merita di venire apostrofato come rigorista, fariseo, legalista e pelagiano”. E però – precisa – “i peccati dello spirito possono essere più gravi dei peccati della carne” e “per l’imputabilità della colpa nel giudizio di Dio bisogna considerare i fattori soggettivi come la piena coscienza e il deliberato consenso nella grave mancanza contro i comandamenti di Dio che ha come conseguenza la perdita della grazia santificante e della capacità della fede di diventare efficace nella carità”. Bisogna abbandonare schemi preconcetti, fa capire il cardinale tedesco, e comprendere che “un’analisi accurata mostra che il Papa non ha proposto nessuna dottrina da credere in maniera vincolante che stia in contraddizione aperta o implicita alla chiara dottrina della Sacra scrittura e ai dogmi definiti dalla chiesa sui sacramenti del matrimonio, della penitenza e dell’eucaristia”. Premesso che il tema specifico di cui si tratta nel capitolo ottavo è la cura pastorale per l’anima di quei cattolici “che convivono in una coabitazione che somiglia a un matrimonio con un partner che non è il loro legittimo coniuge”, Müller scrive che “le situazioni esistenziali sono molto differenti e complesse” e “il singolo cristiano può ritrovarsi senza sua colpa nella dura crisi dell’essere abbandonato e del non riuscire a trovare nessun’altra via d’uscita che l’affidarsi a una persona di buon cuore e il risultato sono delle relazioni simil/matrimoniali”.
Si rivedono qui i passaggi salienti della relazione del circolo minore tedesco (di cui lo stesso cardinale faceva parte) che ha tracciato la via alla stesura di Amoris laetitia: “C’è bisogno di una particolare capacità di discernimento spirituale nel foro interno da parte del confessore per trovare un percorso di conversione e di riorientamento verso Cristo che sia giusto per la persona, andando al di là di un facile adattamento allo spirito relativistico del tempo o di una fredda applicazione dei precetti dogmatici e delle disposizioni canoniche”. Dato un simbolico placet al documento post sinodale, Müller ha invece criticato in un’intervista al Passauer Neue Presse la recente decisione del Papa ai concedere ampi poteri alle conferenze episcopali in materia di traduzione dei testi liturgici. Il rischio, ha detto il porporato, è di “distruggere l’unità della chiesa cattolica nella fede, nella confessione e nella preghiera”.