
La via Aurelia
Strada contro strada
Più del mare, c’è un momento in cui quello che conta è la strada che porta al mare: Aurelia o Pontina? Coda a singhiozzo e a rischio blocco totale o coda lenta ma con certezza di avanzamento costante? Autogrill con bazar incluso o baretto fané? Fregene-Santa Marinella-Capalbio-Argentario o Anzio-Circeo-Sabaudia-Sperlonga? Due strade, due mondi, a volte anche tre strade e tre mondi (c’è pure la Cristoforo Colombo tra l’Eur e Ostia, ed è la strada che tutti, nei momenti più scriteriati, hanno percorso almeno una volta in motorino, da soli o in due, vivendo l’ebbrezza dell’impresa libera e pericolosa). Non è mai scelta intercambiabile, quella della strada: si sceglie di andare a Sud o a Nord di Roma, e spesso è per sempre. Ogni strada ha i suoi misteri, il suo genius loci, i suoi riti, i suoi aedi e i suoi nemici. Non a caso, quando due anni fa sulla vecchia Aurelia si distese la minaccia-promessa (a seconda dei punti di vista) dell’autostrada Tirrenica – da allungare tout court o da far rientrare in un semplice miglioramento dell’Aurelia medesima?, questo era l’interrogativo – ci fu chi fortemente cercò di resistere al cambiamento.
E tra Roma e Civitavecchia, e tra Civitavecchia e la Maremma, il poi realizzato “miglioramento dell’Aurelia” sotto l’egida della Tirrenica fu visto inizialmente come l’inizio della fine. E se gli inglesi in visita non capivano (“perché metterci così tanto quando ci si potrebbe mettere così poco?”, era l’interrogativo del turista), qualcuno tra gli habitué del mare tra Santa Marinella e l’Argentario si opponeva alla “ferita” metafisica della valle che corre tra la collina e il mare. E qualcuno difendeva a casaccio la causa dell’albergatore che non voleva vedersi tagliare in due la piscina, ma anche l’estetica post-industriale degli hangar rimessi a nuovo lungo il ciglio dell’antica Aurelia (ora ristoranti di pesce) oppure lasciati com’erano: monumenti della spesa all’ingrosso di piatti di plastica, sedie a sdraio a due piazze, detersivi mastodontici e diserbanti, poltrone di vimini all’inglese e tovaglie lavabili a fiorelloni. E chi, tra i fan dell’ammodernamento autostradale, diceva “non ci saranno più tutti quegli svincoli pericolosi”, poteva sentirsi rispondere “la rotonda senza semaforo non sarebbe da meno”. Ed era diventato romanzo, quello dell’Aurelia, mentre a Sud, lungo la Pontina, si vociferava di gare italo-spagnole lunga la direttrice Roma-Latina, e sotto il sole ancora forte del rientro da Anzio e Sabaudia i romani esperti di vicende stradali si dividevano in sostenitori di questa o quella cordata, mentre all’orizzonte spuntava l’allora nuovo parco di divertimenti tematico “Cinecittà World” (dove oggi si lamenta la penuria di visitatori causa incendi, e proprio lungo l’affollata strada che porta al mare, sì, ma pure al centro commerciale).
Poi, qualche giorno fa, la Pontina ha avuto la sua vendetta sulla più citata e curata Aurelia, e sul web è esplosa “Pontina”, canzone omonima scritta da Emilio Stella, cantautore e pendolare, sulla strada del suo tormento: “Le macchine bruciate, i prati, i campi rom, le fabbriche e le buche, l’odore dello smog…”, con migliaia di visualizzazioni per il refrain: “Pontina-ah-ha…” (il tempismo è stato perfetto: la canzone è uscita nel momento di massima recrudescenza incendiaria ai bordi della carreggiata, anche se poi il cantautore ha raccontato di aver scritto il testo in primavera). E l’odissea dell’automobilista che “ogni mattina dopo la luna …si sveglia e si mette in fila…” fa da contraltare al rito mai morto sulla più nordica Aurelia: la ricerca del momento perfetto in cui, la domenica, tra la calura non spenta e l’imbrunire ventoso, l’imbuto dello svincolo per Viterbo, porta verso la libertà dalle code, magicamente si fa libero.


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