Giochi low cost
Grandeur 1. E all’improvviso irrompe nella campagna elettorale romana la questione (finora mezza ignorata dal grande pubblico) dei futuribili Giochi Olimpici del 2024. I non addetti ai lavori, quelli che del Comitato Roma 2024 non si sono molto occupati, di questi tempi, distratti com’erano da altre questioni urgenti (per esempio: lo stato di impazzimento nel centrodestra e nel centrosinistra sulla scelta del candidato sindaco, tra liti sul nome di Guido Bertolaso e ricorrenti interrogativi sul “chi si schiererà con chi” domani alla convention “La prossima Roma” dell’ex sindaco Francesco Rutelli), ora apprendono con stupore che non solo di metro C si morirà. Il sogno di ospitare le Olimpiadi, infatti, è lastricato di grandeur: “In metro a Tor Vergata”, titolano i giornali locali; “Fiumicino raddoppia”, ma anche “due ipotesi per arrivare a Tor Vergata” (uno dei poli delle gare, in caso di assegnazione dei giochi) e cioè “o con la metro A” o con la metro C (e a quel punto è brivido: i romani hanno ancora in mente l’immagine dell’ex sindaco Marino che inaugura la metro C e la metro C, dispettosa, non si mette a funzionare a livelli di standard internazionale). Ma addirittura si legge di una fantomatica “Olympic lane” (per gli atleti: scorciatoia per arrivare al villaggio olimpico, così pare) e di “cura del ferro” (apertura di anelli ferroviari, ma anche chiusura di vecchi anelli ferroviari). E non ci si era ancora ripresi dalla notizia dell’imminente fine dei lavori per la cosiddetta “Nuvola” dell’archistar Massimiliano Fuksas, cantiere infinito in zona Eur e in stile “astronave” da inaugurare a fine primavera, che giunge l’altra buona novella: in vista dei Giochi low cost, si ultimerà anche la seconda e non ultima grande opera, la cosiddetta “Vela” o Pinna dell’altra archistar, lo spagnolo Santiago Calatrava.
Grandeur 2. Beppe Grillo all’Esquilino. Fa uno strano effetto vedere lui – l’uomo del “Vaffa”, del “ciao zombie”, del Parlamento scatola di tonno, dell’anticasta a oltranza, del piumino-burka sulla spiaggia di Marina di Bibbiona, dei soggiorni all’hotel Forum (zona turistico-monumentale di fronte ai Fori pedonalizzati da Ignazio Marino) , l’icona di tutto ciò che non fa intellighenzia romana – improvvisamente in cartellone con il suo spettacolo al Teatro Brancaccio, nel bel mezzo del quartiere Esquilino, dove grandi scrittori e registi (non grillini) albergano, tra parlamentari a Cinque Stelle e fan di Grillo ma pure tra oppositori esacerbati per le scelte del M5s in giorni di voto in Senato sulle unioni civili (slogan antigrillo: “Vaffa day gay”). E la memoria corre a quando, sempre all’Esquilino, il Grillo post elezioni politiche 2013 seminava il panico in Via Principe Amedeo, inaugurando la strategia del nascondimento (da fotografi e troupe) nei pressi di un albergo adibito a quartier generale. E l’intellighenzia esquilina, allora, guardava con curiosità allo strano corpo estraneo: la massa eletta dei neoparlamentari a Cinque Stelle, neofiti della politica ignorati dalla Roma radical-chic, gli stessi che oggi si ritrovano davanti al Brancaccio sereni, sorridenti e imborghesiti, pronti a vedere l’ex comico tornato comico, con l’aria di chi ormai si trova perfettamente a suo agio nella dolce vita.
Roma capitale. Ma dei divorzi, si è appreso qualche giorno fa. I dati del Tribunale, infatti, dicono che sono aumentati del 16 per cento sia i giudiziali sia i consensuali. “Sono gli uomini a chiederlo, anche ultrasettantenni”, ha detto qualche giorno fa al Corriere della Sera la sociologa Censis Ketty Vaccaro che, alla domanda “come si spiega che Roma sia la capitale dei divorzi?” ha risposto: “Nelle grandi città la fragilità delle unioni è maggiore, le occasioni di incontri sono più frequenti, le donne lavorano, nella coppia si creano barriere determinate dalla mancanza di tempo per stare insieme e dalla difficile gestione dei figli. I nonni spesso abitano lontano e non possono alleggerire le incombenze familiari”. Che cosa c’entri Roma non si è ben capito, fatto sta che due giorni dopo (ieri) si è assistito intanto al divorzio di anime nel centrodestra, sempre sul nome di Guido Bertolaso: la Lega Nord di Matteo Salvini non ha gradito l’atteggiamento dell’ex Capo della Protezione civile in tema “rom”. Men che meno ha gradito il suo voler ricordare l’amicizia d’antan con il candidato pd (renziano) Roberto Giachetti e con l’ex sindaco Francesco Rutelli. Risultato: Salvini che dice “a scatola chiusa non compro nulla”, Giorgia Meloni che annuncia che non presenzierà al pranzo con Silvio Berlusconi (vuole “chiarimenti con gli alleati”) e Fracesco Storace, leader de “La Destra”, che ribadisce: voglio andare da solo.
Arfio. E ieri su Twitter impazzavano i commenti all’intervista a Libero di Alfio Marchini, candidato sindaco (Lista civica “Io amo Roma”) e portatore dell’idea di “moratoria di cinque anni sulla sòla, cioè sull’imbroglio propinato dalla politica ai cittadini. Se il capo non ruba, il romano è onesto”. Altre frasi cult: “Bertolaso è lo zorro de’ noantri, non fa che parlare della sua bravura” e “ via rom e accattoni”.


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