Ancora sulla scuola per vecchi. Qualche risposta

Piero Vietti

L'appello alla Gelmini e le vostre obiezioni.

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    Visto il numero di letture e di commenti che il post precedente sulla scuola ha prodotto, ho chiesto a Francesco Magni, presidente del Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio, tra i promotori dell'appello alla Gelmini, di spiegare meglio alcuni aspetti della loro "protesta" (ripeto: molto diversa come toni, proposte e modi da quelle di chi blocca le città scendendo in piazza per tutelare interessi di casta). Ecco le sue risposte alle vostre obiezioni.

    @ streghetta:
    E' vero, il ministro Gelmini ha detto che nel calcolo dei posti disponibili ha riservato il 50 per cento di posti ai giovani e il 50 per cento ai precari e così è stato fatto. Il problema però è alla radice: se si sceglie di formare un numero irrisorio di nuovi insegnanti, sarà molto difficile che coprano il loro 50 per cento. Il calcolo del fabbisogno insomma è stato fatto alla radice in modo poco trasparente ed equo. In una regione come la Lombardia, per fare un esempio, i giovani nuovi insegnanti fino al 2016 saranno poche manciate. Tutto il resto ai precari.

    @ pasquale ciaccio
    In primo luogo un sistema che non fa entrare per dieci anni lavoratori dal basso è destinato al declino. In più qui si tratta del corpo docenti ed è subito evidente che creare un gap generazionale (si parla di dieci anni di vuoto di insegnanti) in questo settore avrà conseguenze gravi. In secondo luogo, come si dice nell'appello, il prezzo per il sovraffollamento mostruoso che si è creato, in questi anni, a causa dell'estrema facilità nel conseguire l'abilitazione e del rovinoso sistema delle graduatorie permanente non può essere pagato interamente da una categoria, i giovani, che è quella più debole, non protetta dai sindacati e senza peso politico. Pensi a quelli che stanno insegnando dal 2008 tramite supplenze annuali o contratti nelle paritarie: a tutti questi lo stato dice: cambiate mestiere, voi non avete acquisito il diritto acquisito dai vostri predecessori. Per il fatto di essere nati qualche anno dopo, la professione è preclusa. Mi sembra una scelta ingiusto e miope. Occorre invece distribuire gli oneri su entrambe le generazioni.

    @ Moreno Lupi
    E' vero, nell'appello per brevità non sia accenna a un modo di calcolare il fabbisogno, ma ce ne sono tanti che vengono utilizzati nella pubblica amministrazione. Per esempio un modo viene sviluppato da Roberto Pellegattta, preside e Presidente di Disal, in un articolo uscito il 4 agosto sul quotidiano online IlSussidiario.net.  Il problema è la poco trasparenza con il quale il Ministero ha calcolato. Di che criteri ha tenuto conto? Solo dei pensionamenti? Ma chi lavora in questo ambito, come Pellegatta appunto, sa perfettamente che non è l'unico modo. Sulla seconda questione una Riforma del reclutamento urge davvero, e, pur più volte annunciata, non si è ancora messo mano a un progetto. Basti pensare che la causa principale della situazione di sovraffollamento attuale è il sistema di reclutamento all'insegna dell'automatismo per cui ad ogni abilitato lo Stato "prometteva", attraverso il sistema delle graduatorie ad esaurimento, un posto in ruolo, prima o poi. Non si può tutelare solo i diritti acquisiti e stimare nulla l'aspettativa: infatti i giovani non hanno potuto acquisire tali diritti per la sola colpa di essere nati qualche anno dopo. E a loro è stato promesso che a breve ci sarebbe stato un modo. Ed ora questo nuovo modo parte per poche manciate di persone, dopo che per anni chiunque voleva agevolmente accedeva alle graduatorie. Dispiace l'ironia sulla meritocrazia: chi conosce il mondo della scuola sa che è proprio l'assenza totale di questo principio, all'insegna di un egualitarsimo statalista, che ha svilito la professione e ha portato ad un livellamento tra chi fa e chi non fa che frustra molti dei nostri insegnanti. Infine svuotare le Facoltà di Lettere può portare ad un impoverimento cultura di cui questo tempo di crisi economica, politica (che è molto più culturale che morale, contrariamente a quello che si crede..) e identitaria non ha bisogno. Gli studi umanistici, mi spiace per Lei, non sono "roba" per sognatori sentimentali.

    @ Fabrizio Giudici
    mi sembra un commento impregnato di cinismo, di chi guarda solo ciò che vuole guardare. Per esperienza so che le nostre facoltà di Lettere sono ancora piene di studenti diversi da quelli da Lei disegnati, che hanno voglia di conoscere, organizzano iniziative culturali. Conosco poi diversi casi di giovani di buone speranze che pur potendo fare, per doti naturali, anche facoltà più sicura per guadagnarsi un "posto al sole" come Economia e Ingegneria, scelgono di fare Lettere per interesse culturale o desiderio di contribuire a un sistema di istruzione molto travagliato. Ripeto, lo svuotamento delle facoltà umanistiche sarà un grosso problema…

    Che ne dite?

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    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.