La storia di Said, italiano senza retorica
"Cata cheicòs, per piasì".
Oggi racconto un pezzo di storia anche personale. Sono stato contento di leggere che Said, ragazzo marocchino che vive a Torino da vent'anni, è finalmente diventato italiano. Se siete di Torino è impossibile che non lo abbiate conosciuto: faccia simpatica, accento piemontese marcato ("cata cheicòs, per piasì", compra qualcosa, per piacere), Said gira da anni in centro, tra Università e Teatro Regio, con la sua regolare licenza di venditore ambulante ("Ho anche il commercialista, neh!", dice a chi lo accusa bonariamente di rubare i soldi), e ferma tutti, tentando di piazzare braccialetti, fazzoletti, accendini e altri articoli "da marocchino", come direbbe lui ("Lascia un eurino all'amico marocchino!").
E' arrivato in Italia a 14 anni, ha lavorato ad Alba come aiutante meccanico per qualche tempo, e lì ha imparato – prima dell'italiano – il piemontese, "ché se vai in un posto nuovo devi imparare la loro lingua, no"? Poi a Torino è diventato amico di tutti. E non esagero. Non c'è studente universitario (e ormai sono almeno 4-5 le generazioni che ha visto passare) che non gli abbia comprato un pacchetto di fazzoletti, lasciato un'offerta per la sua famiglia rimasta in Marocco, fatto due chiacchiere prima di entrare a lezione; non c'è professore, spettatore impellicciato del Teatro Regio, passeggiatore del sabato pomeriggio sotto i portici di via Po che non gli abbia preso un braccialetto, un accendino… Se rivede qualcuno dopo mesi, anni, si ricorda il nome, lo saluta come se fosse passato un giorno dall'ultima volta. Molti laureati gli hanno lasciato corpose offerte per festeggiare la proclamazione a dottore, e quando ci candidavamo alle elezioni univeristarie lui spacciava anche volantini, (con perfetto spirito bipartisan, però).
Lui prendeva i soldi e mandava a casa, da moglie e figlia. Qualche anno fa lo aveva raggiunto suo fratello più piccolo, che per un po' ha lavorato con lui e adesso studia ingegneria al Politecnico. Intelligente, furbo (a me ha sempre giurato di essere tifoso del Toro, ai miei amici juventini ha sempre garantito di avere una specchiata fede bianconera), quasi mai fastidioso (se capiva che non era aria non insisteva a farti comprare qualche cianfrusaglia delle sue), uno a cui tanti hanno dato una mano, amico di tutti i sindaci torinesi dai tempi di Castellani, una faccia a cui tantissimi associano con un sorriso gli anni dell'Università.
Orgoglioso di essere torinese, ha aspettato tanto per essere riconosciuto italiano anche dallo stato. Ora ce l'ha fatta (alla cerimonia in comune c'erano amici marocchini, italiani e anche professori universitari); sua moglie e sua figlia lo hanno già raggiunto a Torino. Una storia di accoglienza e integrazione senza la fuffa retorica che questi due argomeni si trascinano sempre con sé. E a chi oggi gli fa i complimenti, Said risponde semplicemente: "Grazie principe, sei sempre il migliore. Ciao neh!".


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