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Piero Vietti

C'è qualcosa di nuovo?

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    Torniamo sul tema se Internet ci rende più stupidi o no. Nel libro di cui vi ho già parlato ("Internet ci rende stupidi?", di Nicholas Carr) sono riportati una serie di test interessanti: a gruppi di persone vengono fatti leggere testi su carta e testi su Internet (con più o meno link) e il risultato è sempre lo stesso: "La comprensione diminuisce con l'aumentare dei link".

    C'è però un altro aspetto interessante, che emerge da studi simili. Lo descrive Carr a pagina 163:

    La capacità della Rete di monitorare eventi e spedire automaticamente mesaggi e notifiche è uno dei suoi punti di forza. Facciamo affidamento su questa sua capacità per personalizzare il funzionamento del sistema, per programmare il suo sterminato database affinché risponda ai nostri specifici interessi o desideri o alle nostre particolari necessità. Vogliamo essere interrotti, perché ogni interruzione ci porta un'informazione preziosa. Disattivare questi avvisi significa rischiare di sentirci tagliati fuori o adirittura socialmente isolati.

    Pensate a quante volte controllate la posta sul vostro smartphone anche fuori dall'orario di lavoro. O quante volte guardate se qualcuno vi ha ritwittati o taggati su Facebbok. Questo perché, spiega lo psicologo dello Union College Christopher Chabris.

    Desideriamo ardentemente il nuovo anche quando sappiamo che "il nuovo è molto più spesso banale che essenziale".

    Il dubbio è: desideriamo il nuovo più dell'essenziale perché siamo fatti così noi uomini, o perché Internet ci ha cambiati in questo senso?

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    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.