Monsignor Vincenzo Paglia (Ansa)

Editoriali

Più precisi sul fine vita. Il nuovo documento della Chiesa non “toglie paletti" ma offre idee

Redazione

Dopo la pronuncia della Consulta di qualche settimana fa,  il Vaticano pubblica un breve testo: “Piccolo lessico del fine-vita". Niente svolte, ma resta l’impressione che la Chiesa sia più attenta a cercare soluzioni condivisibili che non la politica

Dopo lunghi pensamenti, la Consulta qualche settimana fa sì è pronunciata sul fine vita, compiendo un altro piccolo passo in direzione della cosiddetta libertà di scelta personale –  i giudici hanno allargato il diritto del paziente al rifiuto dei “trattamenti di sostegno vitale” – mentre invece l’iniziativa parlamentare continua a recalcitrare, nascondendosi dietro la supplenza dei giudici, senza di legiferare su una materia tanto delicata.

In questo contesto, a muovere le acque ci pensa il Vaticano, di solito considerato il bastione dell’immobilismo bioetico, con la pubblicazione di un breve testo, “Piccolo lessico del fine-vita", 88 pagine, curato dalla pontificia accademia per la Vita retta da monsignor Vincenzo Paglia, che ha rilasciato anche una lunga intervista. L’eventuale aggiornamento del “lessico”, e dunque delle idee, della Chiesa in materia di fine vita è ovviamente occasione ghiotta per la stampa, e del resto Paglia conferma che “nessun accanimento fa bene, neanche quello che consiste in un arroccamento su posizioni impermeabili alle istanze degli altri e allo sviluppo dei tempi”.

Questo detto, nel nuovo documento vaticano non ci sono rivoluzioni e nemmeno si nota “l’apertura della Santa Sede” che qualcuno ha preteso vedere. Si legge ad esempio che “le società scientifiche principali definiscono unanimemente le Nia (Nutrizione e idratazione artificiali) come trattamento medico-sanitario a tutti gli effetti”, e anche la loro adozione o eventuale sospensione “chiede di essere declinata con discernimento nei casi concreti”. Ma c’è anche il tradizionale avvertimento a evitare “una concezione riduttiva della malattia” perdendo di vista “la globalità della persona”. Molte tecnicità, ma non cambiano le posizione note: nei casi di stato vegetativo l’eutanasia va evitata, ma si rimanda a esami caso per caso. Già nel 2017 il Papa disse che è lecito sospendere le cure se non proporzionali. Niente svolte, ma resta l’impressione che la Chiesa sia più attenta a cercare soluzioni condivisibili che non la politica.

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