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Si può essere insieme pro life e pro choice

Giuliano Ferrara

Visto che il Papa oggi è un casuista gesuita, perché non abbraccia una piattaforma antiabortista che sia severa ma razionale invece di impantanarsi in canonismo e deroghe sulla comunione a Biden?

La chiesa si divide in modo un po’ poco comprensibile su aborto e comunione, un’altra faglia di crisi del pontificato di Francesco con la sua strana sostituzione di pastorale a morale. Comunque ecco due appunti sulla faccenda per clericali e laici.

 

Si può essere insieme pro life e pro choice in questo scontro di assoluti che è la questione dell’aborto volontario? In teoria o in linea di principio la risposta è “no”. Se si consideri l’aborto volontario un omicidio, una catastrofe seriale del mondo contemporaneo in forma di legge (si è sempre ricorso all’aborto dai tempi dei tempi, ma solo dagli anni Settanta questo ricorso è stato legittimato moralmente e legalmente come un diritto di privacy), allora si è pro life e si nega la libertà di scelta, invocando un rigoroso divieto legale, un valore non negoziabile sia per una parte minoritaria del pensiero laico sia per la dottrina religiosa, in particolare la cattolica. Punto.

 

Esiste però una posizione pro life, e qui se ne fece imperfetta ma appassionata esperienza, che afferma quel valore non negoziabile ma lo fa dal punto di vista delle politiche attive sulla natalità, che si oppone strenuamente alla trasformazione di una circostanza drammatica in un diritto assoluto della persona, una vera guerra culturale contro la sordità etica del fronte abortista che non fa centro sulla persecuzione penale dell’atto abortivo, anzi la esclude. In effetti il valore non negoziabile esiste ma non è la persecuzione in giudizio di chi abortisce o aiuta a abortire, è la definizione sociale e culturale dell’aborto come un atto illecito intrinsecamente. Più che un valore astratto, è un criterio di condotta al quale è razionale richiamare l’insieme della società  e le politiche pubbliche prima ancora che l’individuo isolato e privato. L’aborto è omicidio, sradica e annienta una vita in potenza che tutti sappiamo tale, ma all’interno di un corpo e di una coscienza che sono nella disponibilità personale. 


Tu puoi legalmente abortire se senti incompatibile con la tua vita la conduzione al suo termine di una gravidanza, e non ti si può costringere alla clandestinità o alla punizione per questo, ma è un dovere assoluto dell’organizzazione e della coscienza sociale e culturale, due cose molto concrete che determinano gli orientamenti e la definizione stessa di una comunità di liberi, evitare in ogni modo possibile che tu lo faccia. L’aborto è una cosa che può accadere a te e a chi porti in grembo, non un diritto di libertà e di privacy.

 

Chi ragiona così pensa che le organizzazioni dedicate alla promozione della maternità e paternità pianificate nella forma dell’assistenza all’aborto indiscriminato (Planned Parenthood), promotrici di un diritto assoluto di libertà da promuovere e estendere, appunto, si muovono su un terreno sbagliato, ideologico nel senso negativo e lassista del termine. Pensa che i feti non siano rifiuti ospedalieri o grumi di materia inerte, ma identità personali da seppellire come si fa per ogni vita umana. Pensa che chi forma istruzione e cultura debba promuovere il rispetto della vita umana in potenza, la concezione, e in atto, la gestazione e la crescita dell’essere individuale e irripetibile. Pensa che le politiche pubbliche debbano investire risorse e intelligenza nel tentativo di evitare l’interruzione volontaria di gravidanza, offrendo alternative, sostenendo le madri in potenza, in specie quando è questione di reddito, e rendendo possibili in massimo grado le adozioni di non voluti ma partoriti. E ci sono mille altre scelte culturali e sociali antiabortiste che non sono legate al divieto e alla sanzione penale dell’atto, e possono determinare una svolta decisiva nella nozione contemporanea di cosa sia un aborto.

 

Visto che il capo della chiesa oggi è un casuista gesuita, perché non abbraccia una piattaforma antiabortista che sia severa ma razionale e imponga questo terreno di scontro culturale e morale, invece di impantanarsi in canonismo e deroghe sulla comunione a Biden?
 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.