J. K. Rowling (foto LaPresse)

Femministe aggredite perché non salgono sul carro gender. Rowling e le altre

Giulio Meotti

Da Suzanne Moore a Julie Bindel, così il gender ha sconfitto il vecchio femminismo

Roma. Warner Bros e Universal Parks, le due grandi major dietro alla fortunatissima trasposizione cinematografica di Harry Potter, hanno preso posizione sul caso J.K. Rowling: “Noi lavoreremo per un ambiente inclusivo”. Tradotto: l’autrice di Harry Potter ha escluso, stigmatizzato, negato diritti, dopo aver preso su Twitter posizione contro la cultura trans e l’ideologia gender: “Il sesso è reale”, aveva scritto Rowling, ribadendo le proprie idee sul suo blog (e che qui ripubblichiamo).

 

Il gender ha sconfitto il vecchio femminismo. A marzo, il Guardian pubblica una column della femminista Suzanne Moore su come quelle come lei vengono aggredite, disinvitate e messe a tacere dai “trans-estremisti” e dai loro alleati. Pochi giorni dopo, 338 giornalisti dello staff del Guardian firmano una lettera all’editore, a condizione che i loro nomi non siano resi pubblici, denunciando la “transfobia” di Moore. Era già successo, quando sull’Observer un’altra femminista della prima ora, Julie Burchill, aveva difeso la Moore. Donne come lei e la Moore non si sarebbero prese insulti da “cazzoni in abiti da gnocche” e da “un branco di piscialetto con parrucche da quattro soldi”. La sottosegretaria al ministero dell’Interno con delega alle Pari opportunità, Lynne Featherstone, dichiarò che “l’invettiva contro la comunità transgender” scagliata dalla Burchill non era semplicemente “disgustosa” e un “vomito intollerante”, ma qualcosa “per cui l’Observer dovrebbe licenziarla”. La sottosegretaria chiese anche la destituzione del direttore. Così, l’Observer pubblicò le sue scuse per l’articolo e lo rimosse prontamente dal sito web.

 

Il gran rifiuto di Rowling 

“Essere donna non è un costume, non è un’idea nella testa di un uomo, per essere una donna non basta ‘sentirsi donna’”. La replica dell’autrice di Harry Potter al linciaggio 


 
Pubblichiamo la traduzione del testo che J. K. Rowling ha pubblicato sul proprio blog in risposta alle polemiche degli ultimi giorni
Non è facile scrivere questo testo, e i motivi a breve saranno chiari, però penso che sia arrivata l’ora di spiegare la mia posizione su un tema che è diventato tossico. Scrivo queste parole senza alcun desiderio di rendere il dibattito ancora più tossico. Per chiunque non lo sapesse: lo scorso dicembre ho twittato il mio sostegno a Maya Forstater, una commercialista che ha perso il lavoro a causa di alcuni tweet ritenuti ‘transfobici’. Maya ha fatto causa e ha chiesto al giudice del lavoro di decidere se la legge protegge il principio filosofica secondo cui il sesso viene determinato dalla biologia. Il giudice Tayler ha deciso di no. Il mio interesse verso questo tema precede il caso di Maya di quasi due anni, durante i quali ho seguito da vicino il dibattito sul concetto di gender. Ho incontrato molti transessuali, letto libri a riguardo, consultato psicologi, dottori ed esperti, oltre ad avere seguito il dibattito in rete e sui media tradizionali. Da un certo punto di vista, questo è un interesse professionale dato che attualmente sto scrivendo una collana di gialli ambientati al giorno d’oggi in cui la protagonista è molto interessata a questi argomenti. Allo stesso tempo, questo è un tema molto personale, come spiegherò più avanti. Negli ultimi tempi ho ricevuto molte accuse e minacce su Twitter da parte di attiviste transessuali. Questa ondata di indignazione è stata scatenata da un mio ‘like’. Quando ho iniziato a interessarmi a questi argomenti, ho preso l’abitudine di fare delle foto ai commenti che mi interessavano sui social in modo da ricordare a me stessa cosa approfondire più tardi. Una volta ho accidentalmente messo un ‘like’ anziché fare lo screenshot. Quell’unico like è stato ritenuto una prova delle mie idee malsane, e in seguito ho iniziato a ricevere delle intimidazioni. Alcuni mesi dopo ho aggravato il mio ‘crimine da like’ seguendo Magdalen Burns su Twitter. Magdalen è una giovane femminista e lesbica che stava morendo per un tumore al cervello. L’ho seguita perché volevo contattarla direttamente, e ce l’ho fatta. Tuttavia, Magdalen difendeva fermamente l’importanza del sesso biologo, e non credeva che le lesbiche che rifiutavano di avere rapporti con i trans dovessero essere etichettate come delle bigotte.
 
Ho fatto questa premessa per spiegare che ero perfettamente al corrente di tutto ciò che sarebbe successo quando ho sostenuto Maya. Mi aspettavo di ricevere minacce di morte, di sentirmi dire che il mio odio stava letteralmente uccidendo i transessuali e, ovviamente, che i libri dovrebbero essere bruciati. Dopo avere cancellato i miei profili sui social, non mi aspettavo di essere inondata da mail e lettere, la maggior parte delle quali erano positive, riconoscenti e incoraggianti. Sono state scritte da persone gentili, sensibili ed intelligenti, alcuni delle quali lavorano a stretto contatto con i transessuali, e temono che questo concetto socio-politico stia influenzando profondamente la politica e la medicina. Sono preoccupati del pericolo che ciò rappresenta per i giovani e i gay, e di come stia erodendo i diritti degli uomini e delle donne. Soprattutto, sono preoccupati per il clima di paura che non fa bene a nessuno, tantomeno ai giovani transessuali.
 
Mi sono tenuta lontana da Twitter per molti mesi, sia prima che dopo avere twittato il mio appoggio a Maya, perché ero consapevole che il social non stava avendo un buon effetto sul mio stato mentale. Sono ritornata perché volevo condividere un libro gratis per bambini durante il lockdown. Dal primo momento, alcuni attivisti che chiaramente si ritengono delle persone brave, gentili e progressiste, mi hanno inviato dei messaggi e si sono arrogati il diritto di controllare ciò che scrivevo. Mi hanno accusato di diffondere odio, e mi hanno affibbiato delle etichette misogine, tra cui TERF. In caso non lo sappiate già – e perché dovreste? – ‘TERF’ è un acronimo coniato dagli attivisti transessuali, che significa Trans-Exclusionary Radical Feminist (femminista radicale che esclude i transessuali, ndt). In realtà molte donne diverse tra loro vengono chiamate TERF, la maggior parte delle quali non sono mai state delle femministe radicali.
  
Il timore di ricevere questo genere di accuse ha spaventato molte persone, istituzioni e organizzazioni che un tempo ammiravo. ‘Ci chiameranno transfobici!’, ‘Diranno che odio i trans!’. Cosa vi diranno, che avete anche le pulci? Molte persone che occupano delle posizioni di potere devono tirare fuori le palle. Perché sto facendo tutto questo? Perché alzo la voce? Perché non continuare a fare ricerca a resta bassa? Beh, ho cinque motivi per essere preoccupata dall’attivismo dei trans, e mi hanno spinto a credere che sia arrivato il momento di alzare la voce. Innanzitutto, ho una fondazione benefica che si impegna ad alleviare il malessere sociale in Scozia, in particolare tra le donne e i bambini. Da tempo ho capito che l’attivismo dei trans sta avendo un grande impatto su molte cause che mi stanno a cuore. Questo movimento tenta di erodere la definizione legale dei sessi e sostituirla con il gender. La seconda ragione è che essendo stata professoressa e fondatrice di un ente di beneficienza per i bambini, sono molto interessata all’istruzione e alla tutela dei minori. Come altre persone, sono preoccupata dell’effetto che il movimento per i diritti dei trans avrà su entrambe. Il terzo motivo è che, essendo stata censurata molte volte, sono interessata alla libertà di stampa e l’ho difesa pubblicamente. Dal quarto punto la vicenda inizia a diventare molto personale.
 
Mi preoccupa l’aumento nel numero di donne che vogliono cambiare sesso o che intendono fare l’opposto (ovvero tornare al loro sesso originale) perché in alcuni casi l’operazione ha irrevocabilmente alterato i loro corpi e le ha rese sterili. Molte persone non sanno che fino a dieci anni fa la maggior parte delle persone che hanno cambiato sesso erano uomini. Questa tendenza è stata capovolta. Nel Regno Unito il numero di donne transessuali è aumentato del 4400 per cento. Le ragazze autistiche sono sovrarappresentate in queste cifre. Leggendo i racconti di molti uomini trans ho iniziato a considerare che, se fossi nata trent’anni dopo, anche io avrei provato a cambiare sesso. Il fascino di evadere dalla femminilità sarebbe stato enorme. Da adolescente ho avuto dei disordini compulsivi. Se avessi trovato in rete il conforto che non riuscivo a trovare nelle mie immediate vicinanze, credo che mi sarei persuasa a diventare il figlio che mio padre aveva detto di preferire. Dato che negli anni Ottanta non avevo la possibilità di diventare un uomo, mi sono affidata ai libri e alla musica per superare i miei problemi mentali e i giudizi sessuali che spesso scatenano dei conflitti tra le adolescenti e il loro corpo. Per fortuna, le opere di scrittrici e musiciste mi hanno rassicurato che è normale essere confusa, triste e insicura sulla mia identità…
  
Stiamo attraversando il periodo più misogino che ho mai vissuto. Negli anni Ottanta pensavo che le mie figlie avrebbero vissuto meglio di me. Ma a causa dell’ondata anti femminista e della cultura porno indotta dalla rete, credo che le cose si siano messe molto peggio. Le donne non sono mai state denigrate e deumanizzate come lo sono oggi. Il leader del mondo libero è reduce da serie di accuse di molestie sessuali, e lui stesso si è vantato di ‘acchiappare le donne dalla vagina’. Allo stesso tempo, il movimento Incel (‘celibato involontario’) prende di mira le donne che resistono alle loro avance sessuali mentre le attiviste trans dichiarano che le TERF devono essere rieducate e picchiate. Gli uomini di ogni persuasione politica sembrano essere d’accordo che le donne se la stanno cercando. Ovunque, alle donne viene detto di stare zitte e sedute. Ho letto molte tesi secondo cui la femminilità non è un fatto biologico, e le trovo profondamente misogine e antiquate. Negare l’importanza del sesso significa erodere l’idea che le donne possano avere una loro realtà biologica o attraversare delle esperienze comuni che le rendono un gruppo politico a se stante. Le centinaia di email che ho ricevuto nei mesi scorsi evidenziano che questa preoccupazione riguarda molte donne. Non è sufficiente che una donna sia alleata dei trans. Queste devono accettare e ammettere che non ci sia alcuna differenza materiale tra le donne trans e loro stesse.
  
Ma essere donna non è un costume. Essere donna non è un’idea nella testa di un uomo. Essere donna non significa avere un cervello rosa, un interesse per le scarpe di Jimmy Choo o per qualunque altra idea sessista che viene ritenuta progressista. Questo mi porta al quinto motivo per cui temo le conseguenze dell’attivismo dei trans. Ho passato gli ultimi vent’anni sotto i riflettori e non ho mai detto pubblicamente di essere stata vittima di abusi domestici o sessuali. Non l’ho omesso per vergogna, ma perché è traumatico ricordare e rivisitare quegli episodi. Mi sento anche protettiva nei confronti della figlia che ho avuto dal mio primo matrimonio. Non volevo sembrare l’unica parte in causa di una storia che riguarda anche lei. Tuttavia, tempo fa mia figlia mi ha dato il permesso di raccontare quella fase della mia vita.
  
Sono riuscita a scappare con difficoltà dal mio primo matrimonio ma oggi sono sposata con un uomo di sani principi, che mi fa sentire al sicuro come non mi sarei mai aspettata. Tuttavia, le ferite lasciate dalla violenza sessuale non scompaiono, indipendentemente da quanto sia amata o da quanti soldi abbia fatto. In famiglia si scherza sul mio costante nervosismo– e anche io credo faccia ridere - ma spero che le mie figlie non abbiano mai le mie stesse ragioni per odiare i rumori forti. Molte donne trans rischiano di essere vittime di violenza, e voglio che siano al sicuro. Allo stesso tempo, non voglio che le adolescenti e le donne non si sentano al sicuro. Quando decidi di aprire le porte dei bagni e degli spogliatoi a ogni uomo che crede o pensa di essere una donna– e ormai i certificati che confermano il cambio di gender vengono redatti senza alcun bisogno di dimostrare un’operazione chirurgica – tu stai aprendo le porte a chiunque vuole entrare. Questa è la verità.
  
Mi sono innervosita quando ho letto che una proposta di legge del governo scozzese implica che per ‘diventare una donna’ a un uomo basterà dire di sentirsi donna. Ho trascorso tutta la giornata a ripensare alle violenze sessuali subite quando ero ventenne....
Molte donne hanno giustamente paura delle attiviste trans. Lo so perché molte di loro mi hanno raccontato le loro storie. Hanno paura di perdere il posto di lavoro o di subire violenze. Ma nonostante sia stata nel loro mirino, mi rifiuto di inchinarmi davanti a un movimento sta cercando di erodere la ‘donna’ come soggetto biologico e politico e sta offrendo copertura ai predatori. Sono al fianco delle donne, uomini, gay e trans che difendono la libertà di stampa e sostengono i diritti dei più vulnerabili.
La cosa che più mi dà speranza è che le donne possono protestare e organizzarsi, e contare sull’appoggio di molti uomini e trans. I partiti politici che scendono a compromessi per sedare le voci più rumorose stanno solamente ignorando le preoccupazioni delle donne più fragili. In Gran Bretagna le donne temono l’erosione dei loro diritti e l’intimidazione diffusa. L’ironia è che il tentativo di fare tacere le donne affibbiandogli l’etichetta di ‘TEFR’ stia spingendo molte donne a entrare a fare parte del movimento radical femminista. L’ultima cosa che vorrei dire è questa. Non ho scritto questo testo per ricevere compassione. Sono molto fortunata: sono una sopravvissuta, non una vittima. Ho menzionato il mio passato perché, come ogni altro essere umano sulla terra, ho una storia difficile che condiziona le mie paura, i miei interessi e le mie opinioni. Non dimentico mai questa complessità interiore quando creo un personaggio e sicuramente non la dimentico quando parlo dei trans. Tutto ciò che chiedo – tutto ciò che voglio – è che questa stessa empatia sia estesa alle milioni di donne la cui unica colpa è quella di chiedere che le proprie preoccupazioni vengano ascoltate senza ricevere minacce e abusi.
(traduzione di Gregorio Sorgi)

  

Due mesi fa, Selina Todd, accademica e nota storica delle donne, è stata cacciata da un evento femminista a Oxford in quanto “transofoba”. Germaine Greer avrebbe dovuto tenere una conferenza all’Università di Cardiff dal titolo “Donne e potere. Le lezioni del Novecento”. Ma studenti e attivisti trans non volevano che una delle femministe più famose e importanti al mondo parlasse contro il gender. “A quanto pare hanno deciso che, siccome non penso che gli uomini transgender una volta fatta l’operazione siano donne, non mi è consentito parlare. Non sto dicendo che non si debba consentire a chicchessia di affrontare quell’intervento. Quel che dico è che non li rende delle donne. E’ ̀ solo un’opinione, non una proibizione”.

 

Dopo una conferenza all’Università di Edimburgo, Julie Bindel è stata aggredita da una attivista “trans Taliban”, come l’ha definita. La giornalista Bindel è una delle più agguerrite femministe in Gran Bretagna, fondatrice di “Justice for Women”, l’organizzazione che dal 1991 si batte per le donne finite in carcere per aver ucciso il proprio compagno o marito violento. Bindel scrisse sul Guardian di non credere “che una vagina costruita chirurgicamente e un seno cresciuto a forza di ormoni facciano di te una donna. Almeno per ora, la legge dice che per subire discriminazione in quanto donna devi essere almeno una donna”. Da allora, Bindel non ha potuto parlare in pubblico senza contestazioni ed è stata costretta persino a cancellare la partecipazione a un convegno all’Università di Manchester, dopo che erano state denunciate alla polizia dozzine di minacce di stupro e morte contro di lei.

 

Una battaglia che impazza anche in Nord America. “Sono una cattiva femminista?”, si domanda sul Globe and mail Margaret Atwood, scrittrice femminista cult, autrice di “The Handmaid’s Tale”. Camille Paglia, che del vecchio femminismo libertario è una madrina irriverente, fa non poca fatica oggi a parlare e c’è persino chi ne ha chiesto la cacciata dal suo college a suon di petizioni.

Aggressioni che dimostrano quanto abbia vinto il nuovo femminismo di Judith Butler dell’Università di Berkeley, per la quale il femminismo old style ha compiuto l’errore di pensare che esistessero il maschio e la femmina, mentre sono “presupposti culturali” da cambiare come un abito. Basta quote rosa, battaglie sui salari, congedi di maternità... E’ l’ora di fare e disfare l’essere umano. E’ la grande guerra fra i nuovi diritti figli dell’ideologia gender e la libertà che si vuole contrarre in nome dei primi. La libertà accademica e giornalistica minacciata da coloro che credono che l’ideologia politica prevarichi sulla biologia e la ragione.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.