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Il problema delle batterie dell'iPhone è una non notizia

Marco Giorgio

E’ vero che Apple ha rallentato i vecchi telefoni, ma non c'è nessun "battery gate"

In questi giorni sta tenendo banco la vicenda del rallentamento forzato da parte di Apple dei "vecchi" iPhone (vecchi fino a un certo punto, visto che parliamo anche di iPhone 6-6s e forse anche di iPhone 7). La notizia in realtà è uscita qualche giorno prima di Natale, ma solo adesso sta assumendo contorni più chiari e soprattutto proporzioni globali e ai più alti livelli.

 

Tutto è partito da un post di un utente su Reddit di qualche settimana fa che suggeriva possibili correlazioni tra il rallentamento di alcuni modelli di iPhone e il deterioramento della batteria (allegando tanto di test e confronti, successivamente comprovati anche da autorevoli testate specializzate). In particolare, pareva emergere che a partire dall’aggiornamento iOS 10.2.1 Apple avesse deliberatamente downclockato (ossia, depotenziato) i processori dei dispositivi di vecchia generazione. Da un punto di vista tecnico la procedura non è di per sé nuova, si chiama throttling ed è un procedimento in uso sui dispositivi informatici per abbassare le frequenze di lavoro dei processori e per evitare surriscaldamenti o consumi eccessivi in particolari condizioni (cosa simile venne fatta sui processori Snapdragon 820 montati su alcuni dispositivi Android top di gamma del 2015, per evitare eccessivi surriscaldamenti del sistema e conseguenti battery drain).

 

La vicenda inizialmente sembrava il solito attacco del nerd di turno al colosso di turno (di solito, Samsung o Apple, a seconda delle tifoserie), invece Apple si è dovuta affrettare ad ammettere la cosa e a rilasciare un comunicato ufficiale in cui spiegava le sue ragioni.

 

L’incipit del comunicato di Cupertino non lascia spazio a molti dubbi, Apple ammette il rallentamento forzato di alcuni vecchi iPhone: “Abbiamo ricevuto feedback dai nostri clienti sul modo in cui gestiamo le prestazioni degli iPhone con batterie meno recenti e su come abbiamo comunicato tale processo. Sappiamo che alcuni di voi sentono che Apple vi ha deluso. Ci scusiamo. C’è stato un grosso malinteso su questa vicenda, quindi vorremmo chiarire e farvi conoscere alcuni dei cambiamenti che stiamo apportando.” e prova a spiegare che la procedura è stata predisposta per evitare improvvisi spegnimenti dei dispositivi, dovuti a picchi di richiesta energetica del processore (in altri termini, essendo i processori più vecchi, in certi casi devono richiedere più energia per le elaborazioni più complesse e questo potrebbe spegnere improvvisamente il dispositivo).

 

Effettivamente Apple ben avrebbe potuto inserire nell’ultima riga dei suoi infiniti disclaimer post aggiornamento un cenno di richiamo a questa procedura, così da pararsi formalmente ‘le spalle’; invece no, ha fatto passare il tutto sotto silenzio e tanto è bastato per scatenare una rissa 2.0 nel mondo della tecnologia.

 

Infatti, i principali competitor, anche su sollecito delle testate specializzate, hanno colto la palla al balzo e non si sono fatti scappare l’occasione per dire la loro sulla vicenda. Samsung, HTC e LG (tra i grandi, manca ancora Google all’appello…) hanno, infatti, prontamente dichiarato di non mettere in atto sui propri dispositivi simili procedure di throttling e che la tutela degli utenti… bla bla, eccetera.

 

Per chiudere il cerchio, e per accontentare tutti (fan e detrattori), Apple ha anche comunicato che per tutto il 2018 offrirà, in tutto il mondo, a prezzo scontato (29$ anziché 79$) la sostituzione delle batterie dei vecchi iPhone. Cupertino prova quindi a metterci una pezza che, per certi versi, peggiora il buco, finendo quasi per ammettere la scorrettezza del suo comportamento.

 

Insomma, a prima vista, un battery gate in piena regola. Ma non è così. La procedura in sé non ha niente di scandaloso, l’errore è sicuramente stato quello di non comunicarla previamente, soprattutto perché posta in questi termini è facile preda di teorie complottistiche, prontissime a tirare fuori disegni globali sull’obsolescenza programmata dei dispositivi tecnologici (che resta comunque una questione aperta nel mondo dei consumi tecnologici, perché è vero che l’acquirente ha il diritto di sapere se il proprio prodotto avrà un supporto limitato nel tempo o se è destinato a un veloce deperimento).   

 

Ma così come non è oro tutto ciò che luccica, non è melma tutto quello che galleggia. Infatti, se è vero che Apple avrebbe dovuto in qualche modo informare o comunque lasciare traccia di questa procedura, è vero anche che i dispositivi della mela godono di aggiornamenti per tempi molto più lunghi dei dispositivi Android, basti pensare che iPhone 5s, che è un modello del 2013, è ancora supportato e ha ricevuto la major realese del 2017 (iOS 11). Per fare un paragone, nel 2013 su Android c’era 4.4 KitKat e nessun dispositivo di quell’anno ha ricevuto l’aggiornamento del 2017 (Android 8.0 Oreo); ma non solo, capita spesso che dispositivi Android escano con una versione di Android (a volte, nemmeno l’ultima) e non ricevano neanche un aggiornamento. Insomma, è facile non fare throttling se i dispositivi non ricevono aggiornamenti.

 

Quindi, potremmo dire che l’obsolescenza vale tanto per Apple quanto per il mondo Android (come per altri ambiti tecnologici), quello che cambia è il meccanismo attraverso cui si manifesta. E dire che (solo) Apple fa la cattiva depotenziando i nostri vecchi iPhone è una non notizia. Anche perché, diciamolo, i primi fautori dell’obsolecenza sono spesso gli stessi utenti, che, giustamente, vogliono prodotti sempre più nuovi, innovativi e performanti.

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