bandiera bianca
James Watson, il genio scomodo che incrina l'immagine “sacra” della scienza
Le provocazioni e le ombre biografiche del ricercatore, co-scopritore del Dna, mettono in crisi l’idea postbellica dello scienziato-sacerdote, e mostrano come carisma autoritario e fragilità etica possano coesistere nella produzione del sapere
James Watson è stato l’ospite inquietante della comunità scientifica globale non tanto per i tratti oscuri che lo rendevano inviso ai colleghi (“ruthless ambition” e “arrogant disregard”, scrive il coccodrillo del Guardian), né per le intemerate razziste degli ultimi tempi o per la tardiva scoperta che avesse bellamente espunto dalla scoperta del Dna il ruolo decisivo di una ricercatrice. Di gente arrivista, saccente, razzista e profittatrice – o anche semplicemente pazza, come ha magnificamente spiegato Giuliano Ferrara – è pieno il mondo, un Watson in più o in meno non cambia nulla. Il vero motivo per cui Watson è stato motivo di scandalo risiede invece nell’odierna concezione della scienza, che ha assunto il ruolo per secoli interpretato dalla religione: quello di depositaria del bene, nel senso ambivalente sia di verità, sia di amore. Sulla prima non c’è nulla da eccepire, a parte la talora mancata modestia di ammettere che impilare verità dimostrate non porterà mai a una verità assoluta, per il semplice fatto che una verità si regge sull’altra e nessuna di esse è il motore immobile di tutte le altre (è l’incompletezza, baby). Quanto all’amore, la situazione è più melmosa; forse per farsi perdonare la collaborazione agli orrori delle guerre mondiali, dal secondo dopoguerra lo scienziato-tipo si è lasciato prendere dalla tentazione di indicare la retta via ai fedeli, intervenendo sempre più spesso in materia di politica e società con stucchevoli pillole di saggezza zuccherate e con la stessa autorevolezza di uno storico che parlasse di fisica delle particelle o chimica inorganica. È con questo ruolo sacerdotale che non collimavano il carattere a dir poco difficile di Watson e il caso che un grande scienziato potesse essere un grande stronzetto; peggio ancora, il contrario.