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Bandiera Bianca
Perché quella del Grande Fratello non è una vera crisi di ascolti
È arrivata a compimento una contaminazione che è iniziata venticinque anni fa ed è consistita nel capillare travaso, goccia per goccia, del reality show in tutte le altre trasmissioni televisive. Non c’è sera, non c’è giornata, non c’è momento in cui il Grande Fratello non faccia il 100 per cento di share
La crisi di ascolti del Grande Fratello non è in realtà una vera crisi, poiché circa due milioni di tv sintonizzate significano comunque che una cospicua porzione di italiani brama osservare una trasmissione che è l’equivalente delle telecamere di sorveglianza di un centro commerciale, con la sola aggiunta, o forse aggravante, della conduzione di Simona Ventura.
Non è sicuramente sintomo di una rinnovata pudicizia che induce a non spiare le persone nel segreto della loro vita, poiché non esiste più il segreto della vita di nessuno da quando siamo corsi incontro alle nostre catene, felici di autodenunciarci a quella specie di Stasi privatizzata che sono i social network. Né è segno di sconforto rispetto alla pochezza dei partecipanti, a quanto pare tutti sconosciuti, poiché di sconosciuti sovraesposti ormai traboccano gli schermi di tutti i dispositivi. Non credo nemmeno che certifichi un disinteresse nei confronti dell’oggetto televisore o dei contenuti della tv generalista; è piuttosto arrivata a compimento una contaminazione che è iniziata venticinque anni fa ed è consistita nel capillare travaso, goccia per goccia, del Grande Fratello in tutte le altre trasmissioni televisive. Che ci si accapigli per questioni sentimentali o si commenti l’impatto fra ginocchia in un’azione di calcio, che ci si scambi strilli nella compagnia di giro dei talk show o si ascoltino gli a parte pseudo-documentaristici delle trasmissioni di musica e balletti, non c’è sera, non c’è giornata, non c’è momento in cui il Grande Fratello non faccia il 100 per cento di share.