 
                bandiera bianca
Ad Halloween si gioca con la morte per non guardarla davvero
Sotto zucche e travestimenti sopravvive il ricordo dei “novissimi”: la morte, il giudizio, l’inferno e il paradiso. Ma in una società secolarizzata, il macabro diventa folklore per non pensare alla fine
Halloween non esiste, è evidente. Altrettanto evidente è tuttavia che esistono gli elementi oscuri che garantiscono l’apparente successo di Halloween: la morte, la decomposizione dei corpi, la paura dell’ignoto, la consapevolezza che un giorno all’improvviso non ci saremo più. Nella nostra società altamente secolarizzata, però, quelli che ai tempi del cattolicesimo si chiamavano “novissimi” (morte, giudizio, inferno, paradiso) devono venire presentati in maniera edulcorata, ed ecco dunque che all’uopo servono zucche vuote, cappelli da strega, dolcetti e scherzetti. Nessuno si spaventa davvero, ma Halloween è un residuo cafone di ciò che per secoli sono state le chiese dedicate alle anime del purgatorio, gli ossari e i cumuli di teschi: un monito in cui una bocca sdentata e scarnificata ci guarda da occhi senza orbite e ci dice sum quod eris, fui quod es – sono ciò che sarai, ero ciò che sei. Ogni tanto Halloween, pur camuffato da festicciola per bambini malcresciuti, come per distrazione lascia trasparire fra le righe questo messaggio macabro: ad esempio, vicino a casa mia c’è un piccolo centro estetico che reca incisa in rosa sulla porta d’ingresso la scritta “Aspetta il tuo turno”. Solo che oggi, per via delle decorazioni di Halloween, la frase appare di fianco a uno scheletro.
 
                             
                                