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bandiera bianca

Le critiche a Sinner sono l'ennesima puntata della lotta tra stato e individuo

Antonio Gurrado

Al numero due al mondo gli italiani non rimproverano la brama di successi, i lauti successi o il mancato patriottismo. Il problema è che sono così individualisti che non sopportano lo possa essere qualun altro

Attenzione, ho capito perché gli italiani ce l’hanno tanto con Sinner per aver disertato la Coppa Davis. Non c’entra la brama di successi sportivi, non c’entra l’invidia per i lauti guadagni, non c’entra il patriottico sospetto nei confronti di un austriacante: si tratta piuttosto dell’ennesima puntata della lotta fra stato e individuo, che vede sempre perdenti i singoli italiani, e gli italiani all’ingrosso sempre vincenti. Rinunciando alla convocazione in nazionale, Sinner ha asserito il diritto dell’individuo ad anteporre il proprio interesse rispetto a quello collettivo, tanto più ove il merito del singolo benefici una massa di immeritevoli (quanti dei critici di Sinner hanno vinto a Wimbledon?), tanto più ove il singolo abbia già abbondantemente giovato al pubblico (avremmo vinto le stesse Coppe Davis, se Sinner si fosse rifiutato anche negli anni scorsi?), tanto più ove la collettività esiga dal singolo un sacrificio che non è disposta a ripagare (se Sinner per giocare la Coppa Davis perde tornei più remunerativi, chi lo risarcisce, i telespettatori?).

Noi italiani abbiamo però un senso dello stato tanto elevato quanto curioso: riteniamo infatti che riguardi soltanto chi deve agire nel nostro interesse collettivo, ma ci sentiamo liberi di derogare quando viene intaccato il nostro interesse di singoli. Tutti gli italiani sono individualisti, perciò nessuno di loro sopporta che sia individualista qualcun altro.

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