Ansa

Bandiera Bianca

Je suis "Il Vernacoliere". Ma se sospende le pubblicazioni è perché è cambiato il nostro rapporto con la satira

Antonio Gurrado

L'analfabetismo funzionale ha reso troppo sofisticato perfino l’humour pecoreccio. Il periodico di Cardinali farà la fine del Male, la fine di quelle espressioni della satira che tutti difendono a chiacchiere ma nessuno prende davvero a cuore nell’unico modo che conti davvero, cioè pagando

Il Vernacoliere chiude, per quanto temporaneamente, in attesa di tempi migliori. C’è la crisi della carta, spiega il direttore e fondatore Mario Cardinali, ci sono i social che fagocitano i giornali, ci sono di conseguenza costi che superano gli incassi. Ora ovviamente tutti scopriranno o riscopriranno il Vernacoliere, peggio, tutti saranno il Vernacoliere allo stesso modo in cui sono stati Charlie – per motivi differenti – una decina d’anni fa, e magari quegli stessi social che addentano i giornali alla giugulare diverranno la grancassa della consueta solidarietà superficiale ed esibizionista, che svanisce nel nulla al primo cambio di moda. O magari nemmeno: qualcuno dirà che il periodico satirico livornese ha fatto il suo tempo, qualcuno ammetterà di non capirne l’humour pecoreccio, qualcuno lo accuserà di fomentare l’odio (verso i pisani?) e la sconcezza e la blasfemia, così il Vernacoliere farà la fine del Male, la fine di Cuore, la fine di quelle espressioni della satira che tutti difendono a chiacchiere ma nessuno prende davvero a cuore nell’unico modo che conti davvero, cioè pagando.

 

Più dei costi che superano gli incassi, più dei social che fagocitano i giornali e più della crisi della carta, l’autoproclamata “pausa di riorganizzazione” del Vernacoliere è sintomo del mutato rapporto con la satira: l’informazione iper-frammentata cui siamo esposti ci ha privati del senso del contesto, che ne è la cornice fondamentale, e il galoppante analfabetismo funzionale ha reso troppo sofisticato perfino l’humour pecoreccio, ormai soppiantato dalla demenzialità, dall’aggressività e dalla rozzezza dei meme. Infine, la permanente commistione fra alto e basso, triturati in un pastone indistinto, ha reso inservibile la satira nella sua funzione di basso che critica l’alto; non c’è più bisogno di un monitore ridanciano, di qualcuno che castighi ridendo i costumi, se tutto è al contempo imprescindibile per tutti (quando ci riguarda individualmente) e dileggiabile da tutti (se riguarda qualcun altro). Auguro al Vernacoliere che la chiusura sia davvero temporanea e breve, anche se per definizione un giornale di satira dovrebbe saperlo a priori: i tempi migliori non arrivano mai.

Di più su questi argomenti: