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Bandiera Bianca
Il problema ormai è la nostra malaugurata incapacità di stare zitti
Cosa hanno in comune Gianni Cerqueti, Karen Attiah e Paul Ovenden? Sono inciampati nella trappola del commento impulsivo. Un errore comune a tutti: cedere al bisogno di dire la propria, anche quando sarebbe meglio tacere
Quiz: cos’hanno in comune Gianni Cerqueti, Karen Attiah e Paul Ovenden? Vi do una mano: il primo era un apprezzato giornalista di Rai Sport, la seconda era la responsabile degli editoriali esteri sul Washington Post, il terzo era il direttore della strategia politica del primo ministro britannico. In comune avrebbero dovuto avere una certa sapienza e forse anche prudenza nell’utilizzare le parole, oltre – mi permetto di aggiungere – a una certa tirchieria che dovrebbe caratterizzare chi le utilizza per professione, proteggendolo dalla tentazione di spargerne in modo incontrollato e gratuito. Invece Ovenden è stato silurato per una chat sconveniente su una parlamentare laburista, Attiah è stata licenziata per un post fuori luogo su Charlie Kirk, mentre Cerqueti per fortuna è già in pensione, quindi non ha subito conseguenze professionali per una twittata un po’ troppo garibaldina sullo stesso argomento.
Colpisce che nessuno dei tre abbia tenuto da conto il proprio talento, avvolgendolo gelosamente in un contegnoso silenzio. Hanno fatto invece ciò che chiunque, io compreso, ha fatto prima o poi: mettersi a sparare sentenze non richieste, non soppesate e soprattutto non retribuite, come se il mondo non aspettasse altro che il piovere di una loro opinione. Ciò che dunque hanno in comune loro tre è ciò che abbiamo in comune tutti noi, ossia una malaugurata incapacità di stare zitti e di resistere al prurito che coglie le nostre dita ogni volta che ci viene in mente un’idea all’improvviso e le mani corrono sconsideratamente al telefonino.