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Se i re sembrano più democratici dei presidenti
Tra Trump che minaccia il Canada e Carlo III che ne difende i valori, torna d’attualità l’intuizione di Montesquieu e Tocqueville: forse oggi la sobrietà monarchica garantisce più libertà della confusione repubblicana
Forse non era un caso che, nel Settecento, Montesquieu definisse la Gran Bretagna una repubblica, nonostante il re, poiché vi si esercitavano libertà e virtù; né che, nell’Ottocento, Tocqueville parlasse degli Stati Uniti ventilando, nonostante la democrazia, la tirannia della maggioranza. Una riprova che si trattava di autori lungimiranti si è avuta proprio in questi giorni, in Canada.
Da una parte abbiamo infatti un despota capriccioso che sbraita di voler annettere il Canada ai propri possedimenti; dall’altra, un capo di stato equilibratissimo e discreto, che visita quelle terre così lontane apposta per ribadire valori comuni quali “democrazia, pluralismo, stato di diritto, autodeterminazione e libertà”. Solo che il primo è Donald Trump, che di mestiere fa il presidente della repubblica, e il secondo è Carlo III, che di mestiere fa il re. Quindi, da un lato, abbiamo un uomo democraticamente eletto che confonde il mandato popolare per unzione divina e si comporta da satrapo; dall’altro, un uomo che ha ricevuto la corona per la mera fortuna di essere nato dalla madre giusta, ma è consapevole che sia un fardello e cerca di alleviarlo patrocinando i principii su cui il suo regno si fonda da tre secoli e più. Mi è sembrato di rivedere al ralenti la scena di quando, mentre Hugo Chávez straparlava come al solito, re Juan Carlos di Spagna zittì il presidente del Venezuela con l’orazione più breve della storia: “Perché non stai zitto?”. Forse conviene chiedere lumi alle monarchie; le repubbliche, ultimamente, mi sembrano piuttosto confuse.

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