bandiera bianca

Una lezione dalla visione del primo film da regista di Paola Cortellesi

Antonio Gurrado

Ascoltando i commenti in sala a "C'è ancora domani" si piò scoprire come il pubblico italiano, quando gli solleticano la coscienza civica, batta le mani anche se non ha capito nulla

Attenzione, questa rubrica contiene uno spoiler.

Ho visto il film di Paola Cortellesi, suo primo da regista, e ho avuto la fortuna di sedere davanti a uno spettatore che ha punteggiato la proiezione di commenti. Il film è imperniato su un equivoco – la missiva che la protagonista riceve, e che tutti sono indotti a credere sia un invito alla fuga con l’amante, si rivela poi la tessera che consente alle donne di votare per la prima volta nel 1946 – quindi i commenti dello spettatore alle mie spalle sono stati di molto aiuto nel sondare in tempo reale le reazioni del pubblico italiano dinanzi alla commedia impegnata.

Ancora alla penultima scena, infatti, egli si interrogava imperterrito su cosa mai fosse scritto su quel pezzo di carta, nonostante gli indizi sparsi nelle precedenti due ore di film. Nonostante che un personaggio se ne esca con l’estemporanea considerazione sul fatto che si possa votare anche di lunedì; nonostante che il film si intitoli “C’è ancora domani”; nonostante che, se la lettera fosse un appuntamento per fuggire in clandestinità, sarebbe strambo valesse per un determinato giorno ma anche per quello dopo; nonostante che mancasse solo che la Cortellesi guardasse in camera e dicesse allo spettatore, mostrando il pezzo di carta: “La vedi questa? È una tessera elettorale”.

Però, finito il film, il medesimo spettatore ha applaudito con la stessa convinzione e compunzione di tutti gli altri.

E lo spoiler è questo: il pubblico italiano, quando gli solleticano la coscienza civica, batte le mani anche se non ha capito nulla.