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bandiera bianca

Se il Bambi della Valmalenco potesse parlare

Antonio Gurrado

In provincia di Sondrio il proprietario di un agriturismo ha adottato e allevato per due anni un cucciolo di cervo. Oggi la polizia lo ha portato in un'area idonea, dove può vivere in sicurezza e senza mettere in pericolo nessuno. La famiglia adottiva protesta in buona compagnia. Ma inumano sarebbe tenerlo ancora lì: anche i cerbiatti crescono 

Buonasera, sono un cervo, un maestoso cervo, un possente irrefrenabile cervo della Valmalenco. Siccome un paio d’anni fa ero ancora un cerbiatto, e mia madre era morta, tutti avevano detto “Ooooh, che carino” leggendo che ero stato adottato dal proprietario di un agriturismo qui vicino, che mi aveva allattato col biberon e accolto nella sua stalla. Inevitabilmente, mi avevano chiamato Bambi. Altrettanto inevitabilmente, col passare del tempo sono cresciuto: mi chiamo ancora Bambi ma non sono più un cerbiatto fragile e malfermo dagli occhioni spalancati (e tutti: “Ooooh, che carino”), sono un cervo, un maestoso cervo, un possente irrefrenabile cervo della Valmalenco. La polizia è intervenuta allora per sottrarmi al mio papà adottivo e portarmi via dall’agriturismo, e tutti a protestare per quest’atto inumano. Ci credo che è inumano, poiché, non so se l’avete capito le prime due volte, ve lo ripeto, sono un cervo. E voglio vedere se fra qualche settimana, entrando in calore, avessi sfondato la staccionata, spaccato giù tutto, incornato proprietario e avventori dell’agriturismo – voglio vedere se, anche allora, tutti a dire: “Ooooh, che carino, Bambi”.

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