Bandiera Bianca

Guerra di religione contro il McDonald's

Antonio Gurrado

Una russa signora ortodossa ha chiesto un risarcimento di circa mille rubri per aver interrotto il digiuno. La colpa del fast food? Averla tentata con una pubblicità 

L’ultima versione delle guerre di religione è far causa a McDonald’s. Una signora russa, un’ortodossa di Omsk, ha citato in giudizio i paninari americani perché le hanno fatto interrompere il digiuno durante la scorsa Quaresima: passando davanti alla pubblicità di un cheeseburger, infatti, non ha resistito ed è entrata a comprarne uno. Le implicazioni di questo processo sono sottili e variegate. Riguardano anzitutto il libero arbitrio: se i giudici danno ragione alla signora, vuol dire che il peccato è inevitabile, una specie di riflesso condizionato che dipende da circostanze esterne senza che nessuna forza interiore possa sperare di opporsi. Poi c’è un portato prettamente teologico: di fronte alla tentazione – anche continua e insistita come quella evangelica dei quaranta giorni nel deserto – se i giudici danno ragione alla signora, il metodo più efficace non è né la preghiera né l’acqua santa né gli esorcismi né l’anacoresi; basta far causa a Satanasso. Infine, ma non ultima, c’è la questione dell’anima, che ha appassionato per secoli apologeti e iconoclasti, da Federico II di Svevia a Locke. Esiste? Non esiste? Come si dimostra? È materiale o immortale? La signora russa che ha fatto causa a McDonald’s ha richiesto per la propria dannazione un risarcimento di mille rubli, circa undici euro. Se i giudici le danno ragione, l’anima esiste ma vale ben poco in questa valle di lacrime.

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