bandiera bianca

A Tokyo 2020 ognuno avrà il suo quarto d'ora di celebrità

Antonio Gurrado

Interviste alla mamma, al papà, ai fratelli, agli zii, ai cugini, ai congiunti degli sportivi in gara. Togli l’atletismo, ed ecco il familismo

Sarà la natura onirica di queste Olimpiadi, con gli eventi tutti concentrati mentre dormiamo o ci stiamo rassegnando a svegliarci, ma ho l’impressione che stia venendo dato più spazio del solito a familiari e amici degli atleti. Del resto, coi pomeriggi e le serate liberi dalle dirette, una volta piazzata qualche replica ed esposto qualche commento di circostanza mentre a Tokyo è notte fonda, cosa vuoi fare per riempire le ore di trasmissione? Andare a intervistare la mamma, il papà, i fratelli, gli zii, i cugini, i congiunti, gli affini, i vicini di casa che magari in ascensore manco salutavano.

  

Togli l’atletismo, ed ecco il familismo. Se non che l’entourage fiorito attorno ai campioni cosa vuoi che dica? È sempre stata la sua passione, lo abbiamo sostenuto nei momenti difficili, da bambino dormiva con il pallone/la cuffia/la bicicletta/la sciabola nel letto, quando tornerà faremo festa grande. Tutto così.

  

Di infinite persone anonime che popolano l’Italia, di tanto in tanto qualcuna è eccezionalmente benedetta dalla vicinanza con ragazzi e ragazze che ogni quattro anni squarciano il velo di indifferenza del pubblico grazie al proprio talento e al duro lavoro, facendo parlare di sé per una giornata. Chi li circonda realizza allora il sogno più italiano che ci sia: essere parente e amico della celebrità, brillare di luce riflessa, guadagnarsi dell’audience per meriti altrui.

Di più su questi argomenti: