bandiera bianca

Gli attacchi degli squali non fanno paura se non li chiami attacchi

Antonio Gurrado

Da ora in poi in Australia si dirà che c'è stato un incontro, un incidente o un'interazione invece di un attacco di uno squalo (solo nel 2021 se ne contano già quindici). Per risolvere un problema basta cambiargli nome

In Australia hanno finalmente risolto il problema degli attacchi degli squali, che nel 2021 sono già stati quindici, dopo i ventisei (di cui otto letali) del 2020, i ventitré del 2019, e così via fino al primo caso testimoniato, risalente pare al 1791. Come hanno fatto? Lo spiega il Sydney Morning Herald: hanno smesso di chiamarli “attacchi”. Durante un convegno nel Queensland è stato proposto di ridurli a più innocui “morsi”; il sito Sharksmart vorrebbe piuttosto definirli “incontri negativi”; il governo del Nuovo Galles del Sud è indeciso fra “incidenti” e un semplice “interazioni”; mentre un professore della Macquarie University fa notare che gli squali non hanno mani pertanto utilizzano la bocca a mo’ di strumento conoscitivo, come i neonati. Non è colpa loro se hanno tutti quei denti. Pertanto le prossime statistiche vedranno finalmente azzerati gli attacchi degli squali, dopo due secoli e mezzo: figureranno invece tot assaggi, tot circostanze sfortunate, tot appuntamenti andati male e tot tentativi di fare amicizia. Siamo noi che interpretiamo male, influenzati da innumerevoli film politicamente scorretti.

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