bandiera bianca

Lo strano concetto di libertà di Mélenchon

Antonio Gurrado

Il leader di ultrasinistra de La France Insoumise ha lanciato l’idea di una festa della libertà come manifestazione di protesta contro i provvedimenti anti-Covid di Macron. Si sottintende l’idea che, come la festa, anche la libertà sia un eccesso temporaneo e provvisorio, una graziosa concessione di cui approfittare per un’abbuffata trasgressiva

Siete liberi sabato 20 marzo? Lo so, lo so; era una domanda retorica. Fatto sta che per quella data Jean-Luc Mélenchon, il leader di ultrasinistra de La France Insoumise, ha lanciato l’idea di una festa della libertà come manifestazione di protesta contro le leggi liberticide (vulgo, i provvedimenti anti-Covid) di Macron. Non è stato prodigo di dettagli ma due cose si sono capite: immagina una specie di rave per le strade, con sanculotti forse col berretto frigio e forse senza mascherina che si accalcano al solo scopo di dimostrare la propria libertà di accalcarsi; e vuole utilizzare il principio inalienabile di manifestare un’opinione politica come pretesto su cui far leva per accalcarsi a festeggiare il fatto che ci si sta accalcando.

 

Per carità, ciascuno si diverte come può. Prima di rispondere con entusiasmo all’invito di Mélenchon, vi inviterei tuttavia a considerare che una festa, per definizione, è un momento eccezionale segnato da un inizio e da una fine, e i cui eccessi traggono senso proprio da questa finitezza e da questa eccezionalità. Organizzare una festa della libertà sottintende l’idea che, come la festa, anche la libertà sia un eccesso temporaneo e provvisorio, una graziosa concessione di cui approfittare per un’abbuffata trasgressiva. Se la libertà viene ridotta ad arbitrio e casino, allora, finita la festa, finita anche la libertà. Quindi la questione non è se siate liberi sabato 20 marzo, ma se vogliate essere liberi anche il 21, il 22 e così via. La domanda non è retorica.