bandiera bianca

Niente nave per il Festival di Sanremo

Antonio Gurrado

Poteva essere l'isola felice della musica italiana, l’Ariston trasferito su una zattera della Medusa o un'arca di salvazione. Invece non se n'è fatto niente 

Mai ho desiderato in vita mia andare al Festival di Sanremo, se non quest’anno: mi attraeva la prospettiva della nave. Una prospettiva noachica: un’arca di salvazione su cui far salire coppie di ogni possibile tipologia di spettatore, dal teledipendente al melomane, dal twittarolo al nostalgico di Nunzio Filogamo, contando sulla riproduzione coatta. Una prospettiva dantesca: un vascello su cui farsi prendere per incantamento (“Guid’i’ vorrei che tu, Amadeus e io…”) e ragionar sempre d’amore nel modo in cui riescono soltanto le canzonette. Una prospettiva boschiana: una nave dei folli su cui far salire Cavallo Pazzo e Francesco Salvi, Elio vestito da Rocket e il lepidottero di Belen, quello che vuol buttarsi giù dalla galleria e Aldo Busi che dice a Mike Bongiorno di essere Lauretta Masiero. Una prospettiva géricaultiana: l’Ariston trasferito su una zattera della Medusa che qualcuno si prova a tener insieme alla bell’e meglio mentre tutt’attorno il morbo infuria e il pane manca, e all’orizzonte incombono minacciosissimi nuvoloni metaforici e no. Una prospettiva schettiniana: un inchino costi quel che costi all’isola felice della musica italiana. Allora sì che sarebbe stato un Sanremo epocale e avrei fatto carte false per andarci, come spettatore, come tecnico delle luci, come imbucato, come mozzo se necessario, al solo scopo di evadere dalla terraferma pestilente e salpare verso un ostinato rimpianto del passato, della normalità, della leggerezza. Invece alla fine non se n’è fatto niente, della nave del Festival, quindi sarò costretto anche quest’anno a non guardarlo in tv.

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