bandiera bianca

La triste fine del buco dell'ozono

Antonio Gurrado

Era stato il grande incubo ambientale per decenni. Ora che ha raggiunto la sua massima estensione però in pochi si interessano di lui

Buco dell’ozono, chi era costui? È freschissima la notizia che il buco dell’ozono ha raggiunto la sua massima estensione ma, va detto onestamente, ha un pessimo tempismo. Se l’avesse raggiunta, che so, a fine anni ottanta, quando ci rimproveravamo l’uso della lacca non per i raccapriccianti effetti estetici ma perché lo spray ne favoriva la dilatazione, il buco dell’ozono avrebbe goduto di tutt’altra stampa. Titoloni, prime pagine, speciali con esperti corrucciati. Oggi invece il record del buco dell’ozono, sul giornale che sfoglio al bar, finisce dopo il CoVid, e va bene; ma finisce anche dopo Vito Crimi (forse ritenuto più calamitoso), dopo le notizie dal Kirghizistan, dopo l’arresto di un informatico, dopo una rapina e dopo l’immancabile ex cardinale Becciu. Quanto a dimensioni, la dilatazione del buco dell’ozono comporta un restringimento della relativa notizia, molto più piccola della storia di una studentessa che vive in una barca; qualche striminzita riga, più o meno equivalente al trafiletto dedicato ad Arisa che decide di tornare a pubblicare sui social la propria immagine acqua e sapone. Povero buco dell’ozono, non ha saputo invecchiare: può dilatarsi quanto vuole, ormai, ma noi abbiamo altre cure e altri pensieri. Speriamo solo che non torni di moda la lacca.

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