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Per i sindacati la scuola è un luogo simbolico

Antonio Gurrado

Lo sciopero dell'8 giugno e il velleitarismo di un'astensione dal lavoro senza ripercussioni reali

Cigl, Cisl, Uil, Snals, Gilda, tutte le sigle sindacali che hanno organizzato lo sciopero di lunedì prossimo sembrano avere della scuola una concezione identica alle istituzioni contro cui protestano: la ritengono un luogo simbolico, non concreto. Anche se le richieste che avanzano sembrano molto pragmatiche – fondi, ristrutturazioni, assunzioni – la spia del velleitarismo sta nella data dell’8 giugno, che in alcune regioni è l’ultimo giorno di scuola, mentre in altre la scuola finirà a breve e in altre ancora sarà già finita. Come le istituzioni si auguravano per quella data un rientro simbolico degli alunni, senza alcun effetto pratico, così i sindacati indicano per la stessa data un’astensione la cui ricaduta sarà altrettanto simbolica: non incide sulla didattica, perché in otto regioni le vacanze saranno già iniziate e in altre tre sarà mezza festa; non dà gran rilievo al lavoro degli insegnanti, perché a quel punto i programmi saranno già finiti e le interrogazioni già terminate; non comporta alcun intoppo all’organizzazione scolastica, perché alunni e docenti sono a casa da tempo per altri motivi. Se le intenzioni dei sindacati fossero così bellicose come traspaiono dal documento che proclama lo sciopero, se le loro istanze fossero così urgenti e irrinunciabili, non sarebbe stato meglio organizzarsi per un altro giorno? Magari il 17 giugno, il giorno in cui iniziano gli esami di maturità che il ministro ha scelto di far tenere in presenza per garantire un’emozione agli alunni, senza considerare che l’eccesso di emozione potesse causare la prevedibile sparizione dei presidenti di commissione, la prevedibile proliferazione dei certificati medici dei commissari, il prevedibile senso di ingiustizia patito da studenti che si sentono valutati in modalità improvvisata. Sarebbe stata una giornata più efficace per scioperare; ma poi si sarebbe rischiato di risvegliare il mondo della scuola dal torpore in cui è abituato a sognarsi.

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