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Guardiamo i semivip del GF per non vedere la nostra insignificanza

Antonio Gurrado

Gli italiani guardano i reality da un lato per convincersi che la gente comune sia un agglomerato di persone meritevole di celebrità, dall’altro lato per il piacere di accusarli di esser casta

Parliamo di politica: avete notato che nel cast del Grande Fratello spiccano la solare figlia di Barbara Palombelli e Francesco Rutelli, il marito di Tina Cipollari, la sorella di Icardi (ovvero, per rispettare le gerarchie familiari, la cognata di Wanda Nara), l’ex di Lory Del Santo e così via? Ecco, significa che una trasmissione nata come esperimento per mettere in un acquario televisivo la gente comune si sta caratterizzando per il tentativo di connotare la gente comune tramite un certo grado di fama. È un procedimento uguale e contrario a quello dei reality originariamente dedicati ai vip, ad esempio L’isola dei famosi, che iniziano a pescare il cast alla periferia della celebrità.

 

Nel primo caso dunque lo spettatore è indotto a riconoscere come gente comune personaggi dotati di una minima fama; nell’altro, invece, è indotto a non riconoscere come famosi personaggi che potrebbero benissimo provenire dal condominio di fianco. Questa commistione, questa confusione, quest’aggancio fra celebrità e sconosciuti è il miglior termometro delle ambizioni e dei malcontenti del popolo. Noi italiani guardiamo i semivip dei reality da un lato per convincerci che la gente comune sia un agglomerato di persone ciascuna meritevole di celebrità, magari per luce riflessa o lontane parentele, e così troviamo conferma che noi stessi siamo in qualche modo immuni alla nostra insignificanza. Dall’altro lato, noi italiani guardano i semivip dei reality per il piacere di accusarli di esser casta, del tutto indistinguibili dalla gente comune se non per luce riflessa o lontane parentele, autoassolvendoci così dalla nostra stessa insignificanza.

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