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L'acqua di Chiara Ferragni e un liceo di Verona nell'inferno di Dante

Antonio Gurrado

Cosa unisce le bottigliette d'acqua autografate dall'influencer e gli studenti di un liceo veronese disposti a pagare per scattarsi un selfie assieme alle alunne che hanno il maggior numero di follower su Instagram

Un filo sottile collega due scandali un po' cheap: quello per le bottigliette d'acqua Evian autografate da Chiara Ferragni che costano la bellezza di otto euro, e quello per gli studenti di non so quale liceo veronese disposti a pagarne anche venti per scattarsi un selfie assieme alle alunne che hanno il maggior numero di follower su Instagram. Li accomuna un equivoco filisteo, il facile dedurne che si tratti di una decadenza dei tempi o della definitiva consacrazione del trionfo delle apparenze: traendone magari la conclusione, per la Ferragni, che la notizia sia uno schiaffo alla miseria di quei popoli costretti a mendicare acqua; e, per il liceo veronese, che la notizia testimoni l'avvenuto scollamento della realtà dei giovani da quella degli adulti.

 

Errore.

 

Le rivendicazioni pauperiste contro la Ferragni tramontano al solo pensare che, firmate o non firmate, quei popoli assetati non si affiderebbero comunque al design delle bottigliette Evian. Le rivendicazioni passatiste contro le influencer liceali si abbattono con la consapevolezza che da tempi immemorabili gli adolescenti escogitano maniere assurde di gettar denaro. Piuttosto, il comun denominatore del caso-Evian e del caso-liceo va ricercato nella tradizione, non nell'innovazione: in entrambe le circostanze si tratta infatti di simonia, il commercio di beni spirituali ben noto a Dante - che pure non disponeva di social network. E' la radicata disposizione degli uomini al lasciarsi tentare dalla prospettiva di comprare qualcosa d'immateriale: la fama con una bottiglietta, il prestigio con una foto. E a illudersi di aumentare il senso della realtà pagando moneta sonante, finalmente, qualcosa che non potranno mai tenere fra le dita.

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