Isaac Newton

Carlo Rovelli e quegli scienziati che giocano a fare gli storiografi

Antonio Gurrado

Il fisico si lancia sul Corriere della Sera in un'iperbole su un campo non suo. Ma è tendenza comune oggi, col placet della masse

Sentite qua. “Talvolta nella storia i sogni più inconcepibili si realizzano: contro ogni aspettativa dei realisti, la rivoluzione francese abbatte il predominio dell'aristocrazia, il cristianesimo conquista l'impero romano, un allievo di Aristotele conquista il mondo e i suoi amici fondano biblioteche e centri di ricerca, i seguaci di un predicatore arabo cambiano l'ordine del pensiero di centinaia di milioni di persone, eccetera eccetera. Più spesso, grandi sogni si scontrano contro la forza del quotidiano, durano pochissimo o poco, crollano, vengono dimenticati. Sono i tanti rivoli della storia che, bene o male, non portano da nessuna parte”. Ma chi sarà mai questo storiografo poeta? Il fisico Carlo Rovelli, sul CorSera di oggi.

 

Ora, è vero che perfino Newton si è occupato di cronologia (The Chronology of Ancient Kingdoms Amended, opera postuma), ma è vero anche che Newton restava persuaso che il mondo fosse stato creato il 22 ottobre del 4004 avanti Cristo, alle otto del mattino. Il precedente incoraggia ad asserire che è meglio limitarsi al proprio mestiere, e che le opinioni di un fisico sulla storia devono contare tanto quanto le opinioni di uno storico sulla fisica. Ma gli scienziati sono fatti così: abituati per secoli a languire sotto il tacco di pretacchioni eruditi e retrivi, adesso che hanno acquisito una certa credibilità presso le masse reputano le proprie parole verità rivelata in ogni campo extrascientifico: storia, politica, etica, religione e tutto ciò su cui possano contribuire a diffondere una prospettiva superstiziosa.

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