Meglio il voto coi numeretti o con le letterine? L'arte di cambiare il nome alle cose che non ci piacciono

Antonio Gurrado
È allo studio, anticipa Repubblica, una drastica riforma dei meccanismi di valutazione degli scolari. Il ministero starebbe infatti vagliando, con ogni cautela, l'eventualità di introdurre le lettere dalla A alla E in luogo dei numeri dal 10 all'1 nell'emissione dei giudizi relativi al rendimento nella scuola media.

È allo studio, anticipa Repubblica, una drastica riforma dei meccanismi di valutazione degli scolari. Il ministero starebbe infatti vagliando, con ogni cautela, l'eventualità di introdurre le lettere dalla A alla E in luogo dei numeri dal 10 all'1 nell'emissione dei giudizi relativi al rendimento nella scuola media. Si tratterebbe di un ritorno al modernariato: la notizia mi ha fatto ricordare che probabilmente un quarto di secolo fa devo essere stato sottoposto anch'io a un sistema di valutazione alfabetico, il cui obiettivo era che l'alunno non vedesse ridotto tutto il proprio lavoro a un numeretto.

 

Per incoraggiarci, si decise che tutto il nostro lavoro meritasse di essere ridotto a una letterina. Il fatto che oggidì – dopo essere stato valutato in decimi e sessantesimi, in trentesimi e centodecimi – non riesca a rammentare con certezza se alle medie mi valutassero con una lettera, o con una cifra, o con un colore, o con una forma geometrica, o con un generico complimento, credo sia sintomo del fatto che a un ragazzino non importa la forma della valutazione bensì l'impronta che il voto lascia, il confronto con gli altri, l'inevitabile gerarchia. Non ricordo se in disegno prendessi E oppure 2 ma ricordo che, all'età di anni undici, la mia produzione artistica si collocava grossomodo fra l'imbarazzante, l'avvilito e il vituperoso. Se anche il ministero decidesse di quantificare la valutazione in note musicali, i ragazzini nemmeno si accorgerebbero della riforma. Gli adulti invece potrebbero riconoscervi l'ennesima incarnazione della politica più facile e diffusa nell'occidente contemporaneo: cambiare nome alle cose che non piacciono.

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