Massimo Gramellini (foto LaPresse)

Il moralismo di Gramellini si adegua a quello di Rep. Ma prende una bufala

David Carretta
“Se non pagherai sette rate del tuo mutuo, la banca potrà portarti via la casa”, ha scritto il vicedirettore della Stampa. Peccato che la direttiva europea dica altro: il testo della direttiva sui “contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali” incoraggia la prevenzione dei pignoramenti e invita perfino gli Stati membri a garantire “condizioni minime di sussistenza”.
Bruxelles. All'indomani dell'annuncio della fusione tra la Repubblica e la Stampa, Massimo Gramellini ha dato il suo Buongiorno adeguandosi immediatamente agli standard antropologici e deontologici di Largo Fochetti. “Se non pagherai sette rate del tuo mutuo, la banca potrà portarti via la casa”, ha scritto Gramellini: “Lo stabilisce una direttiva europea che ha giustamente agitato i Cinquestelle”. Per il direttore creativo di Itedi — la società che detiene la Stampa e il Secolo XIX destinata a andare a nozze con il gruppo Espresso — la colpa è di un “euroburocrate” che confezionando “la direttiva spazza-mutui sarà sicuramente convinto di avere agito in nome dell’efficienza economica. Nella sua testolina asettica non si sarà affacciato neanche per un attimo lo scenario di un padre o di una madre di famiglia che perde il lavoro, non riesce a pagare le rate e si ritrova in mezzo a una strada. Questo genere di pensieri — ha spiegato Gramellini — può venire in mente solo a un politico, che ancora qualche relazione di interesse con gli elettori è costretto ad averla”. Ma “purtroppo l’Europa non la stanno facendo i politici e tantomeno gli elettori. La stanno disfacendo i burocrati. Ed è a loro che va sfilata, prima che finiscano di distruggerla a colpi di direttive”, è la conclusione del Buongiorno. Peccato che, per quanto potrebbe apparire verosimile al comune lettore abituato al moralismo di Max, la storia raccontata da Gramillini è falsa (eccezion fatta per l'agitazione dei Cinquestelle).

 

Nessuna direttiva impone nulla sul pignoramento dopo il mancato pagamento di sette rate del mutuo. Anzi, il testo della direttiva sui “contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali” incoraggia la prevenzione dei pignoramenti e invita perfino gli Stati membri a garantire “condizioni minime di sussistenza” per chi è sovra-indebitato. “Considerate le conseguenze significative di un pignoramento per creditori, consumatori e, potenzialmente, per la stabilità finanziaria, è opportuno che i creditori siano incoraggiati ad affrontare in maniera proattiva il rischio di credito emergente in una fase precoce e che si disponga delle misure necessarie affinché i creditori esercitino un ragionevole grado di tolleranza e compiano ragionevoli sforzi per risolvere la situazione con altri strumenti, prima di dare avvio a procedure di pignoramento”, recita il testo. L'articolo 28 della direttiva è ancor più chiaro: “Gli Stati membri adottano misure per incoraggiare i creditori ad esercitare un ragionevole grado di tolleranza prima di dare avvio a procedure di escussione della garanzia”. E le sette rate? Nessuna menzione nella norma europea. Semplicemente perché a inserirla nella modifica del Testo unico bancario è stato il governo italiano che, vista la fragile situazione delle banche, vuole giustamente accelerare le escussioni immobiliari.

 

Malgrado la “testolina asettica”, l'euroburocrate ha pensato al padre o alla madre di famiglia che perde il lavoro. Quando avviene il pignoramento — dice il teso della direttiva — “ove possibile è opportuno trovare soluzioni che tengano conto delle circostanze concrete e dei bisogni ragionevoli del consumatore in termini di spese di sostentamento”. E “qualora dopo la procedura di pignoramento permangano debiti residui, gli Stati membri dovrebbero garantire condizioni minime di sussistenza e porre in essere misure che facilitino il rimborso evitando, al contempo, il sovraindebitamento a lungo termine”. Gran parte del resto della direttiva persegue l'obiettivo — così d'attualità in Italia — di evitare gli abusi del sistema creditizio, imponendo alle banche obblighi di informazioni chiare, limitando le pratiche di vendita aggregata e abbinata di altri prodotti finanziari, e promuovendo l’educazione finanziaria dei consumatori.

 

[**Video_box_2**]Anche l'euroburocrate, in realtà, è frutto della creatività gramelliniana, che predica morale salvo dimenticare di applicare a sé stesso la regola base per la credibilità del giornalismo: il “fact checking”. Perché la direttiva è stata approvata dai governi dell'Unione Europea in sede di Ecofin, dove all'epoca per l'Italia sedeva il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni. Ed è stata votata il 13 dicembre del 2013 da tutti i rappresentanti del popolo italiano all'Europarlamento, con l'eccezione di due astenuti. Partito Democratico e fuoriusciti, Forza Italia, Nuovo Centro Destra, Fratelli d'Italia, Lega Nord: da Sergio Cofferati a Iva Zanicchi, da Vittorio Prodi a Ciriaco de Mita, da Roberto Gualtieri (attuale presidente della commissione Economica dell'Europarlamento) a Elisabetta Gardini (portavoce di Forza Italia a Strasburgo e Bruxelles, da Pino Arlacchi a Mario Borghezio, tutta la politica italiana si è schierata con “l'Europa a rate”.

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