Gay è meglio. Il paradosso dei due gatti omosessuali al SuperCatShow

Simonetta Sciandivasci

Willy e Red sono le mascotte del più importante appuntamento degli amici dei felini d'Italia. Vivono nella colonia felina della Piramide Cestia a Roma e sono inseparabili. Ma non basta. Perché i mici "adottati dalle coppie di gay uomini sono tra i più fortunati", perché beneficiano sia dei vantaggi della femminilità, sia della mascolinità. O almeno così sostiene presidente dell'Arca onlus.

A colmare la grave lacuna dell'etologia classica e dei gender studies sull'omosessualità felina arriva una fiera. La SuperCatShow (il più importante appuntamento italiano degli amici dei gatti promossa con lo "storico" slogan "Mi-ci porti?", apre i battenti il 31 ottobre e li chiude il primo novembre, alla Nuova Fiera di Roma) ha quest'anno due mascotte d'eccezione: Willy e Red. Sono randagi come era Romeo, er mejo der Colosseo, eterosessualmente legato all'altolocata Duchessa, nel classico Disney Gli Aristogatti, dove c'erano mici che facevano di tutto, persino il jazz, ma pur sempre perpetrando l'eterogenitorialità (stranamente, il cartone non è ancora stato accusato di promulgare retrivi stereotipi, forse accadrà quando le neo-femministe riusciranno a cacciare nell'illegalità le principesse Disney).

 

Willy e Red invece sono stati ribattezzati "mici-amici gay", vivono nella colonia felina della Piramide Cestia, a Roma, protetti e coccolati dalla onlus Arca, che assiste, cura e fa adottare i gatti senza fissa dimora. Tre anni fa, Red si ruppe la rotula durante uno dei suoi vagabondaggi e scomparve per due mesi. Al suo ritorno, Willy gli fece feste e fusa, ma fu quando Red tornò, guarito, dal veterinario, che l'amore li avvinse: "Si abbracciarono in modo felino, si strusciarono, si baciarono", racconta Matilde Talli, presidente dell'Arca onlus, aggiungendo che da allora i due non si sono più separati, addirittura mangiano e dormono insieme (bisognerà riscrivere Red&Toby, svelando a tutti che erano gay e che l'amicizia nel mondo animale non esiste, basta con certe favolette ipocrite, tanto Dio è gay e fa l'arredatore, o almeno così ha detto Woody Allen).

 

"Tengo a precisare che i gatti adottati dalle coppie di gay uomini sono tra i più fortunati, perché beneficiano sia delle maggiori sensibilità e attenzioni materne tipiche della femminilità, sia dell'istinto di protezione verso i più indifesi, tipico del lato maschile", ha dichiarato ancora Matilde Talli, senza accendere focolai di indignazione, nemmeno tra le lesbiche, alle quali è stato detto, tra le righe, che ad allevare gattini sono le meno brave del mondo gay.

 

[**Video_box_2**]Dal paradigma Talli si deduce che il maschio omosessuale è un ibrido al cui interno si sintetizzano il meglio di maschio e femmina, creando un super uomo che invera un sogno eugenetico (le attenzioni materne tipiche della femminilità, nel pacchetto biologico chiamato "madre", tendono a essere inscindibili dalla psicopatia - basta avere una mamma per saperlo - mentre nel pacchetto "omosessuale maschio" se ne affrancano e vanno a unirsi, più virtuosamente, all'istinto di protezione). È complicato non cascare in un vizio antropomorfo, lo stesso che un animalismo sensato dovrebbe combattere, nel collocare questa presunta maggiore capacità di allevare un gatto delle coppie gay nella discussione sull'omogenitorialità, già abbastanza minata da cortocircuiti, regressi all'infinito, manipolazioni induttiviste e deduttiviste. Ed è altrettanto difficile non sentire l'eco di un pentolone vuoto che continua a venire riempito di contraddizioni.

 

Crescere e allevare sono coniugazioni dell'amore o del genere? Sono prodotti naturali o industriali? Sono attitudini innate o sovrastrutturali? Sul primo numero della nuova Unità, in edicola lo scorso primo luglio, è stata pubblicata la lettera di una bambina che raccontava di essere la più brava della classe, “la sola a non avere il cellulare”, amante dei giochi autentici, tipo acchiapparello. "Lia ha nove anni, due gatti, un fratello e due papà", si leggeva, in calce. Di certo i due gatti non erano Willy e Red e di certo fa meno paura la strumentalizzazione dei gatti di quella dei bambini, ma fa tremare la possibilità che diventino facce di una stessa delegittimazione (quella degli eterosessuali) e che quella delegittimazione si trasformi nel mezzo corrivo di una battaglia complessa che dovrebbe mirare all'allargamento di un diritto, non a dimostrare chi lo merita di più.

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